Orfani di Dio?

È approdato perfino in alcune scuole del Nord un 'anticatechismo' per insegnare l'ateismo ai bambini

Ciao ragazzi! Mi presento: sono Andrea, uno come voi. Beh, forse con qualche anno in più, ma niente di grave. Tra le altre cose, io sono ateo. Molti di voi staranno dicendo: che cavolo significa ‘sono ateo’? Essere ateo significa pensare che Dio non esiste. Vi sembra sconvolgente? Siete sorpresi? Sì? Bene. In questo libricino che ho scritto apposta per voi, vi spiegherò perché ritengo che Dio non esiste’. Così comincia Il piccolo ateo. Umanesimo e anticatechismo per ragazzi e ragazze, arrivato in pochi mesi alla seconda edizione corretta e ampliata. Sono indicati poi gli argomenti trattati nel libro, diviso in tre parti: la prima riguarda Dio e la fede, la seconda la Chiesa cattolica, la terza è dedicata ai fatti negativi della Bibbia e della storia della Chiesa. L’autore, un professore napoletano, Calogero Maiorana, che figura nel sito di una associazione ateistica di cui fanno parte anche la Hack, Staino, Odifreddi, Flamigni e altri, con queste parole spiega che cosa lo abbia spinto a realizzare questo libretto: ‘Vi spiegherò perché ritengo che Dio non esiste, perché la religione è un po’ una prigione e come difendervi dalle persone (preti, maestre, familiari e altri) quando esigono che crediate a Dio, Gesù, la Madonna, i santi e compagnia’. Bene, anzi: male. Ma ognuno è libero di pensare quello che vuole. Finché – mi sono detto – per leggere queste cose si devono scaricare testi da internet, non c’è molto da preoccuparsi; i ragazzini con il computer ci si divertono. Ho saputo poi da un settimanale cattolico diocesano che ‘l’anticatechismo’ per bambini è approdato sui banchi di alcune scuole del Nord. Ho provato, allora, un senso di malessere e di pena. Perché si tratta di bambini. L’autore infatti consiglia di far leggere almeno qualche brano ‘anche ai più piccoli’. Si dirà: perché scandalizzarsi? I credenti non fanno lo stesso, non insegnano ai bambini, anche ai più piccoli, le cose in cui credere? Certo che è così. Ma i lettori provino a dare una risposta. È la stessa cosa insegnare ad un bambino che Dio esiste, che la vita ha un senso, che tutto ciò che vi è di negativo può essere superato, che si deve coltivare l’amore e la speranza, che vanno amati i poveri e i sofferenti, oltre ai genitori e ai parenti? Oppure insegnare che nulla esiste, che il nulla domina tutto, che il più forte vince sempre e il debole sarà irrimediabilmente sconfitto dalla vita, che essere giusti e buoni non avrà alcun premio se non l’illusione di essere migliori degli altri? Il credente, pertanto, consegnando la sua fede ai bambini come un’eredità preziosa, sa di farlo perché è vera, ma sa anche che questa fede rende più forti e felici di essere al mondo, che è una chiave di lettura della storia. Senza di che, il bambino dovrebbe affrontare in solitudine e a mani nude la vita, con il rischio di diventare un piccolo mostro che crede solo in se stesso o un piccolo robot che si affida alla scienza e alla tecnica, le vie cieche di un mondo senza speranza. Una visione atea della realtà porta inevitabilmente a rendere opache o insignificanti parole e valori che sono a fondamento dell’essere umano, quali giustizia, amore, fedeltà, speranza, sofferenza, male, morte, futuro. Altra prospettiva invece quando le ragioni dell’ateo vengano dibattute tra persone adulte, che possono avere capacità e strumenti di riflessione, e cercare insieme la verità che ci fa liberi e sempre ci sovrasta.

AUTORE: E. B.