Oggi in televisione si sente riparlare di “scudo spaziale”, molto costoso, ma ritenuto necessario per difendere una parte del mondo ricco e potente da ogni attacco nemico. Si vive con la paura di un nemico sempre in agguato. Un nemico nuovo, che probabilmente non ha alcun timore dei missili antimissile, potendo, se vuole, ricorrere a mezzi diversi di offesa che vanno dal terrorismo diffuso alle armi chimiche e batteriologiche. Quando fu pubblicata la Pacem in terris c’era anche allora la paura del nemico che poteva ricorrere ad armi atomiche di distruzione planetaria. L’origine della paura, pertanto, cambia, ma il sentimento di insicurezza e di sospetto è sempre lo stesso. L’umanità non riesce a darsi la pace. Eppure una via c’è ed è indicata dal l’insegnamento della Chiesa, madre e maestra di umanità, oltre che di fede e di spiritualità. Giovanni Paolo II giunge puntuale a ricordarlo ai cristiani e agli “uomini di buona volontà”. Il suo messaggio, anche se può sembrare celebrativo e ripetitivo, risulta ancora, purtroppo, di estrema attualità. Chi ha vissuto l’entusiasmo con cui fu accolta la Pacem in terris di Giovanni XXIII ricorda il clima di tensione in cui si viveva la ventata di novità e di ottimismo suscitata dalle parole profetiche di quel papa vecchio e malato che sarebbe morto due mesi dopo l’emanazione dell’enciclica. Una profezia contro corrente che andava diritta a scardinare le posizioni catastrofiche di quelli che egli stesso chiamò “profeti di sventura”. Il fondamento della fiducia del papa di allora, Giovanni, e del papa di adesso, Giovanni Paolo, è lo stesso: la fede in Dio e la fiducia anche nell’essere umano creato da Dio a sua immagine. L’affermazione di partenza e di riferimento sta nella convinzione che tutti gli uomini abbiano un’intima aspirazione alla pace. Essa rappresenta un desiderio innato dell’essere umano, il quale non riesce a perseguirla efficacemente perché non percorre le vie giuste per raggiungerlo. Gesù stesso si è espresso affermando sconsolato, rivolto verso il popolo suo contemporaneo,: “se tu conoscessi la via della pace e il tempo in cui sei stato visitato!”. Lo stesso lamento può essere fatto oggi: se il mondo avesse finalmente scoperto la via della pace come è stata indicata, senza ombra di dubbio dai profeti del nostro tempo, non solo cattolici e cristiani, ma anche laici e di altre religioni! Il messaggio di Giovanni Paolo II riprende dalla Pacem in terris le indicazioni di orientamento di questa via: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. Sono come quattro pilastri senza i quali nessun edificio di civiltà può sussistere. Si potrebbe dire che essi sono anche il vero “scudo spaziale” di tipo spirituale e morale che impedisce sul nascere ogni forma di aggressione violenta dell’uomo contro l’uomo. L’enciclica spiega e sviluppa questi punti che devono ispirare una nuova forma di organizzazione del mondo, che impedisca le insopportabili diseguaglianze, le esclusioni e discriminazioni, governi dispotici, ideologie sovvertitrici, situazioni di fame, di fanatismo, d’ignoranza. Per raggiungere ciò il messaggio dell’attuale pontefice per la Giornata mondiale della pace sottolinea l’importanza della cultura e della spiritualità della pace. Non è un’indicazione illuministica di tipo kantiano, lontana dalla tradizione cristiana in quanto tutta fondata sulla ragione, ma espressione della proposta evangelica, “Beati gli operatori di pace”, che fa leva sulla fede e sulla dimensione del cuore umano e della coscienza morale. Quelle del Papa non sono solo parole.Sono anche gesti e scelte concrete. I ripetuti messaggi del papa, e non solo dell’attuale, infatti, sono preceduti, accompagnati e seguiti da azioni diplomatiche a livello mondiale, da richiami a singoli Stati attraverso i loro ambasciatori, da tutta l’opera di avvicinamento alle altre confessioni cristiane e alle religioni mondiali. Quando un Papa si reca nella sinagoga o nella moschea o riceve i capi buddisti, iduisti e delle religioni tradizionali e tanti altri, come è avvenuto ad Assisi, esprime una volontà, un progetto, una disponibilità, una cultura e spiritualità rivolte a costruire una diversa maniera di concepire i rapporti tra gli esseri umani e tra le nazioni e quindi una grande opera di pace. La Pacem in terris in questo senso si sposa con lo “spirito di Assisi”, che per noi umbri dovrebbe risultare ad un tempo familiare e carico di responsabilità.
“Pace” non è solo una parola
AUTORE:
Elio Bromuri