Padre omicida

Niente ha potuto spegnere il fuoco della passione omicida e del folle furore di un uomo schiavo di se stesso, che non ha esitato a usare il coltello sulla sua stessa carne, il figlio inerme e innocente, e sulla spaurita figlia che, consapevole di ciò che stava accadendo, ha lottato contro il padre nemico. Gesù ha detto che se uno scandalizza uno di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che si legasse una macina di mulino al collo e si gettasse nel mare (Marco 9,42). Non ha detto e neppure pensato, lui che conosce le menti e i cuori: se uno uccide un piccolo, e tanto meno se uno uccide suo figlio. Siamo in un ordine di idee impensabile. Questo non è un delitto come gli altri. Ha un carattere di complessità per la storia di questa famiglia, l’origine straniera, i problemi di lavoro, questioni di identità, di parità dei sessi e soprattutto i rapporti tra i genitori, e tra genitori e figli. Tutto ciò non dovrebbe essere archiviato in fretta per evitare un ricordo che fa male. Si dovrebbero analizzare tutti gli aspetti che sono confluiti nella tragedia, ponendo al centro la questione dei rapporti tra coniugi. È imponderabile quanto odio possa scaturire tra due persone che si sono amate, seppure di un amore superficiale e forse equivoco, hanno comunque messo al mondo dei figli, hanno costruito insieme una base per il loro futuro, e poi tutto cambia. Diventano talmente nemiche da tentare di uccidersi l’un l’altra, con perfidia diabolica e una di queste persone, lui o lei (nel mito di Medea è lei che uccide i figli per odio verso il padre Giasone), giunge a minacciare e persino a uccidere i figli per fare dispetto al coniuge odiato. Casi rarissimi si dirà. Ma quando non si giunge a ciò, si dicono parole offensive e si fanno azioni litigiose che sono causa di sofferenze sempre più insopportabili. Anche se i figli non vengono direttamente colpiti, amati da entrambi i coniugi, diventano strumento di possesso da parte dell’uno contro l’altro, strumentalizzati come merce di scambio. In queste situazioni rimangono feriti e spesso distrutti nel profondo della loro personalità. Ormai si hanno molteplici esperienze di quanto sia deleteria anche una semplice divisione detta “consensuale” o “pacifica” compiuta da gente perbene. Certamente, a volte è miglior soluzione la separazione che il conflitto quotidiano. Minor male, ma sempre male. Al fondo c’è il problema della gestione della sfera dei sentimenti e l’educazione all’esercizio dell’arte di amare (Fromm) e di convivere, per chi non ha riferimenti di fede. Nel bagaglio del cristiano non mancano gli aiuti necessari per una vita serena e felice. Ma serve la convinzione e la conversione. I due fratellini hanno avuto una doppia cerimonia funebre, una islamica secondo la fede di quella famiglia in Allah misericordioso e perdonatore, e una celebrazione con fiaccolata (ved art. pag. 19) espressione di un solido legame di amicizia e di una comunità sensibile e accogliente. I bambini hanno fatto da protagonisti nel dare speranza in una tragica situazione di morte. Come ammonimento per tutti potrà essere utile ricordare quanto scritto nel Salmo 63/64 di David: “Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso”.

AUTORE: Elio Bromuri