“La tigre della guerra è uscita dalla gabbia e farla rientrare sarà assai difficile” – ha scritto nei giorni scorsi un osservatore acuto di cose internazionali come Alberto Negri – . Ed è davvero difficile smentire un’evidenza tanto lampante dal momento che la stessa idea della guerra, nei cervelli e nell’animo dell’opinione pubblica e soprattutto dei governanti, è tornata ad essere una strada percorribile.
Nel dopoguerra si era dato vita a una trama di organizzazioni internazionali e di strumenti multilaterali e sovranazionali che dovevano prevenire e arginare ogni tentativo di guerra e ogni colpo di artiglieria già in atto.
Appare quasi incredibile che oggi le Nazioni unite siano considerate un utensile inservibile e che la legge del più forte sia ritornata ad essere la norma. Questo riduce le nazioni, e l’Europa in particolare, al rango di spettatori inerti. E invece è proprio in questo contingente in cui la cultura di morte sembra prevalere che è necessario riproporre, in forma riveduta e aggiornata, la cassetta degli attrezzi del diritto internazionale e imporli a ogni governo secondo il principio rilanciato qualche giorno fa da Papa Leone XIV: “Nessuno dovrebbe mai minacciare l’esistenza dell’altro. È dovere di tutti i Paesi sostenere la causa della pace, avviando cammini di riconciliazione e favorendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti”.