Per non dimenticare gli Anni di piombo

Incontro con il figlio di Vittorio Occorsio, che nel 1976 venne ucciso da esponenti del terrorismo “nero”. Un periodo storico ancora poco chiaro

Gremito l’auditorium del Verde Soggiorno di Gualdo Tadino, nella mattinata del 5 maggio scorso, per l’incontro fra il giornalista Eugenio Occorsio, figlio del giudice assassinato da Ordine nuovo nel 1976, e i ragazzi del triennio dell’istituto d’istruzione scientifica “Raffaele Casimiri” di Gualdo Tadino. Al centro dell’incontro, umanamente e culturalmente intenso, il recente libro Non dimenticare, non odiare, nel quale Occorsio, rivolgendosi a suo figlio, narra la vicenda umana di Vittorio Occorsio, i suoi valori, la scrupolosità del suo lavoro, il suo barbaro omicidio da parte del commando guidato da Pier Luigi Concutelli. Si ripercorrono, così, le vicende private e professionali del padre a partire da quando questi si trovò ad indagare sul “piano Solo”, il progetto di colpo di Stato ordito dal generale De Lorenzo, e sulla strage di piazza Fontana, sottolineando come il suo omicidio sia maturato non solo nell’ambito del terrorismo neofascista, ma sia legato alle trame occulte che univano gli esponenti dei gruppi eversivi alla massoneria e a “schegge” deviate dei servizi segreti e dell’esercito. Un periodo, quello degli anni Sessanta e Settanta, ancora avvolto nei misteri e nell’ambiguità.

Al tavolo dei relatori, oltre alla dirigente scolastica, Francesca Cencetti, anche i due insegnanti di Storia e filosofia del liceo scientifico, Katia Tittarelli e Gianni Paoletti, cui è spettato il compito di introdurre l’ospite e raccontare gli aspetti salienti di quel periodo funesto della storia italiana che sono gli Anni di piombo. L’intervento di Occorsio è stato caratterizzato dalla pacatezza. Il giornalista, dopo aver raccontato con parole dimesse agli studenti quel che accadde quella mattina del 1976, quando si trovò davanti agli occhi il lago di sangue nel quale suo padre agonizzava, ha poi spiegato come sia riuscito a metabolizzare quel dolore immenso e, soprattutto, gradualmente, a non odiare e poi a perdonare un assassino inquietante come Concutelli, che non ha mostrato il benché minimo segno di pentimento per quanto commesso. “Il perdono è l’unica strada – ha osservato – e non lo dico solo da cristiano, ma anche da persona civile”. Di fronte a quell’età di odio e di assurde stragi, l’odio e il rancore sono espressione d’inciviltà e se è vero che non va da un lato dimenticato – anzi, mai perdere l’occasione per andare ancora più a fondo e scoprire nuove verità – dall’altro, l’unico atteggiamento possibile è il perdono, perché anche il più efferato dei delinquenti è sempre un essere umano. Parole che hanno toccato, stimolato un interessante dibattito, che ha portato alla luce tematiche di elevato interesse umano e storico.

AUTORE: Pierluigi Gioia