Pierluigia, la “mamma” dell’Hospice di Spoleto

Il Premio internazionale Santa Rita verrà conferito, tra gli altri, alla spoletina Ciucarilli per il servizio che presta ai malati terminali

Cinquantacinque anni, spoletina, infermiera capo sala presso l’Hospice di Spoleto, volontaria dell’associazione malati oncologici Aglaia. È Pierluigia Ciucarilli una delle tre donne che riceverà, venerdì 21 maggio alle ore 18 nella basilica di Cascia, il Premio internazionale S. Rita 2010. Con lei Anna Oliviero di Genova e la cooperativa S. Rita di Milano. Fin da piccola Pierluigia aveva ben chiaro che avrebbe fatto l’infermiera e non il medico. La morte della madre a causa di un tumore nel 1980 ha segnato la sua vita. Nel 1986 insieme a due medici, ad una suora e ad una volontaria ha iniziato l’avventura in Umbria delle cure palliative, delle quali viene considerata la “mamma”. L’abbiamo incontrata nella sede dell’Aglaia, l’associazione spoletina pioniera in Umbria della cure palliative. Iniziamo a parlare di questo riconoscimento e la sua mente torna indietro di tre anni, quando è stato aperto l’Hospice a Spoleto. “Quando mi hanno comunicato che avrei ricevuto il premio S. Rita – dice commossa – il mio pensiero è andato a Giuseppina, una signora di Cascia, una delle prime pazienti dell’Hospice, una donna che ha sofferto molto, in silenzio. Prima di morire mi ha regalato un piccolo quadro di santa Rita che aveva sul comodino. Ora è sulla mia scrivania, quasi a vigilare e proteggere il mio servizio”. Pierluigia è infermiera professionale di mattina, volontaria altrettanto professionale di pomeriggio e di notte. Già, anche nelle ore di sonno lei prende l’automobile e va nelle case dei pazienti, sale all’Hospice. “È la notte – ci dice – che le persone hanno maggior paura della malattia, della morte”. Dal 1987 entra nelle case dei malati di cancro in punta di piedi, portando sì la sua professionalità, ma soprattutto l’amore. Riceve anche le confidenze dei familiari del paziente. Si considera una persona che ha fatto una precisa scelta di vita: servire i malati di tumore e i loro congiunti. E con lei anche suo marito e le sue due figlie. La frase di Madre Teresa “l’importante è essere lì, non fare” è il suo motto. Membro del Comitato di bioetica dell’Università di Perugia e docente presso lo stesso ateneo, Pierluigia è apprezzata per la sua umiltà, che non preclude la scientificità. Ai “suoi” studenti non propone trattati o tomi, ma cerca di testimoniare ciò che vive, racconta quello che si fa quando si è a contatto con la sofferenza. Con quella sofferenza che il più delle volte non ti lascia fino alla morte. Ogni anno tiene corsi di formazione per medici e infermieri in Umbria e nelle regioni del centro Italia. La laurea, infatti, non basta per stare con i malati di cancro. “Ci vuole grande motivazione – afferma – e una spiccata capacità relazionale. Non servono tante parole. Il più delle volte si comunica con lo sguardo, col tocco, cambiando, lavando e accarezzando il paziente”. Per lei il lavoro è come una missione. E non esclude un’esperienza in un Paese del terzo mondo. Non si limita ad organizzare i turni all’Hospice e nelle assistenze domiciliari. Tempo fa, ad esempio, era ricoverato un ragazzo cinese di 32 anni che non parlava italiano. Pierluigia si è messa alla ricerca dei cinesi che vivono a Spoleto e degli studenti cittadini che studiano lingue orientali per permettere a quella persona di poter comunicare negli ultimi giorni della sua vita. Inoltre, insieme ai sacerdoti che si alternano all’Hospice, in semplicità, umiltà e silenzio cerca anche di proporre a chi vive gli ultimi momenti dell’esistenza terrena la bellezza di vivere l’incontro col Signore e la logica della speranza. L’Hospice di Spoleto, ora, sta allargando le sue attività assistendo anche malati cardiologici gravi, malati di Alzheimer, di Sla, malati neurologici. La Ciucarilli si aggiorna, studia, alimenta la sua fede per continuare a mettersi accanto a chi è nella sofferenza. Le motivazioni per cui riceve il premio internazionale S. Rita sono: la sua professionalità, la capacità di coinvolgere gli altri, la tenerezza e la fermezza, la logica dell’accoglienza nell’Hospice, la sua fede silenziosa. Francesco CarliniLe altre due vincitricidel premio Santa RitaCooperativa sociale “Santa Rita”. Nel 1989 un gruppo di giovani famiglie della parrocchia di S. Rita a Milano, desiderose di condividere gioie e preoccupazioni e di veder crescere i propri figli in amicizia, diede vita ad una bella iniziativa. Santa Rita fornì un’opportunità improvvisa e inaspettata. Nella vicina parrocchia dello stesso decanato, dove erano stati accolti alcuni ragazzi e ragazze con handicap psico-fisici, erano sorti problemi economici e di spazio. Il parroco di S. Rita si rese disponibile ad accogliere il gruppo in un locale situato sotto la chiesa. Nel marzo del 1992 venne fondata la “Cooperativa sociale Santa Rita”. Il gruppo si affidò alla Provvidenza per intercessione di santa Rita che, mai come in quel momento, fu invocata come Santa degli impossibili. Ella sostenne e guidò il gruppo senza mai abbandonarlo, tanto che la cooperativa andò consolidandosi nel corso degli anni fino ad accogliere a tutt’oggi un gruppo di ben 32 fra ragazzi e ragazze dai 18 anni in su, in prevalenza affetti dalla sindrome di Down. Attualmente sono presenti in Cooperativa, oltre ai 32 ragazzi, una responsabile coadiuvata da 4 educatori, da alcuni specialisti e da un gruppo di circa 30 volontari. Presidente della cooperativa è, come da consuetudine, un padre Agostiniano della comunità di Milano (il parroco).Anna Olivieri nasce l’11 dicembre 1947 in un piccolo paese del Friuli. Successivamente i genitori si trasferiscono a Genova, dove Anna vive tutt’ora. Per lei la famiglia è stata sempre un grosso punto di riferimento. A 29 anni la colpisce una grave perdita, quella del papà; in questa occasione scopre il significato del dolore, quello lacerante che penetra fino alle profondità del cuore. Il matrimonio era nei suoi progetti, ma non sempre i sogni si realizzano. Lavorava nell’azienda Ansaldo che, negli anni ’80, ha avuto una grande crisi. Inizia per lei il periodo dei grandi interrogativi. Il significato del credere in Dio e il senso della vita sono domande che diventano ogni giorno più pressanti. La partecipazione alla messa non le bastava più. Ma dove cercare le risposte? Una sua amica l’ha ascoltata, con la sensibilità di non proporle soluzioni miracolose. Da quel momento è iniziato per Anna il cammino verso la conoscenza di Dio, un Dio che non era giudice, ma che l’amava per quello che era. Inizia così il suo volontariato presso le carceri genovesi, affiancata da altri volontari che l’hanno aiutata a superare le difficoltà. Nel 2003 ha aperto un laboratorio di lavanderia per impegnare le ragazze detenute. Dalla sua esperienza di vita Anna ha capito come sia importante non abbattersi nei momenti di difficoltà, per fare in modo che da anello debole della società sia possibile diventare punto di risorsa.

2 COMMENTS

  1. Leggo con sincero stupore che la Sig.ra Pierluigia Ciucarilli ha ricevuto questo Premio intitolato a Santa Rita da Cascia. Mia madre, dopo una lunga e penosa malattia, si spenta il 23 maggio scorso, ossia il giorno dopo la Festività dedicata a questa grande Santa umbra.
    Purtroppo debbo dire che non riconosco la Sig.ra Ciucarilli nella descrizione che di lei si fa in questo articolo. La peggiore pagina della mia vita è infatti connessa con l’Hospice di Spoleto, non solo perchè lì ho perso mia madre, ma anche per il modo in cui sono strato trattato da questa Capo Sala. Con arroganza e freddezza. Durante il mese in cui mia madre è stata ricoverata presso quella struttura, non ho mai ricevuto una parola di conforto. Il giorno che mia madre si è spenta questa signora non mi ha fatto neanche le condoglianze. Si è invece sempre rivolta con toni particolarmente arroganti per dare ordini su come fare o non fare certe cose, connesse con l’assistenza a mia madre. Insomma un ricordo pessimo e assai doloroso, che purtroppo offusca l’atteggiamente sicuramente più umano di altri operatori dell’Hospice di Spoleto, i quali sicuramente avrebbero meritato di più questo premio.

    Paolo Emanuele Rozo Sordini
    12 settembre 2012

    • Prendiamo atto delle sue osservazioni, consapevoli di non poter entrare nel merito della scelta. Possiamo solo ipotizzare che la sua sensibilità in quel momento momento triste e doloroso sia stata particolarmente acuta ed abbia trovato lontano e freddo l’atteggiamento di chi lavora nel settore ed è professionalmente abituata a resistere alle emozioni. Ciò non annulla le ragioni di chi ha ritenuto di dare un riconoscimento alla signora Ciucarelli. Cordiali saluti.

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