Più del palco, contano le quinte

Politica. La conferenza programmatica del Pd umbro

Lo sfondo, le quinte, il retropalco. E ‘l’altrove’. È in una fase, la politica umbra, in cui quel che accade alla luce del sole è il minimo indispensabile per continuare a mantenere quel legame con l’elettore che, alla fine dei conti, resta decisivo, nel cosiddetto ‘segreto dell’urna’, per determinare le sorti di ciascuna formazione.Di pubblico, sul fronte della maggioranza regionale, c’è la recente conferenza programmatica del Partito democratico che, fresco di Statuto, sta cominciando a mettere insieme i pezzi del proprio identikit politico, appunto con una prima bozza, un annuncio, un nucleo fondante di quella che dovrebbe essere la sua piattaforma programmatica. O giù di lì. In effetti, la stessa due giorni dell’hotel Quattrotorri non è che abbia detto gran che sul fronte dell’individuazione di un profilo programmatico ben delineato per la formazione veltroniana. Intanto, la ritualità è sempre la stessa: relazione introduttiva del segretario, gruppi di lavoro, relazioni, interventi dei big più o meno big. La sensazione generale che si è avuta è quella di una dirigenza (ma sarebbe meglio dire, di una segreteria) impegnata nello sforzo, per certi aspetti titanico, di conciliare le molte anime ancora ben distinte (e distanti?) di un Pd che, se da una parte ha ereditato la parte popolare-progressita della vecchia Dc poi Ppi e Margherita, dall’altra deve fare i conti con quella quota maggioritaria di ex Ds che, anche nel ‘vecchio’ partito, a livello regionale avevano segnato un cammino politico fatto di contrapposizioni interne consistenti, in alcuni casi da ‘fratelli-coltelli’.’A fronte di quello che si è visto e sentito dal palco della conferenza, anche in quei due giorni è sembrato contare di più ‘l’altrove’, quello cioè che succedeva e si discuteva in altre stanze, locali e romane. A partire, come sempre, dai nomi: nomi di chi dovrà guidare il nuovo partito, nomi di candidati, nomi di chi va e nomi di chi viene’ ‘È la politica, carino!’, dirà il solito cinico di passaggio. È la politica come è – si potrebbe rispondere al cinico – e non certamente come dovrebbe essere, in una fase in cui, più dei nomi, conterebbero le ricette. Richiamare in servizio un dirigente dal curriculum denso o puntare su un giovane esordiente è assolutamente secondario, se il ‘vecchio’ o il ‘giovane’ si trovano ad affrontare una fase economica e sociale così difficile, con armi politiche spuntate. Spuntate, rese inefficaci soprattutto dal lavorio logorante ed autolesionistico su ‘chi comanda’. Se il Pd, anche in Umbria, vuole giocare la carta del rinnovamento, dovrebbe farlo sul tavolo di una cultura politica ancora tutta da rivisitare, e sul versante di una vera e propria palingenesi che non faccia riferimento alle carte d’identità ma alla volontà e capacità di sapersi mettere, come partito e come singoli, al servizio della collettività. Questo, sinora, non è avvenuto.

AUTORE: Daris Giancarlini