Pochi gli abbandoni, numerosi i respinti e i bisognosi di recupero

I dati del Provveditorato agli studi sull'andamento dell'anno scolastico 2000-2001

Sono stati resi noti, da parte del Provveditorato agli Studi di Perugia, i dati relativi agli esiti formativi dell’anno scolastico 2000-2001, il primo con il sistema dei crediti e dei debiti studenteschi ed il risultato non è dei più incoraggianti. Pochi sono gli abbandoni scolastici, ma significativo è il numero di respinti e di ragazzi bisognosi di recupero.La percentuale di promossi senza debiti formativi, a seconda dell’istituto scolastico, varia dal 46 al 68%, con una punta negativa del 30% nelle scuole professionali. I ragazzi che devono recuperare una materia si attestano attorno al 12%, mentre con due insegnamenti ritroviamo l’11%. Rilevante anche la percentuale di studenti con debiti formativi in tre materie, il 10%. Il numero di respinti, sempre in base ai diversi istituti, varia dal 5 al 13%.Cala vistosamente la percentuale dei ritirati, o di coloro che hanno cambiato scuola, tra l’1 ed 5%. “Se da un lato l’Umbria è in linea con i dati nazionali riguardo agli abbandoni dice la dottoressa Rita Coccia, dell’Ufficio studi e programmazione del Provveditorato – precipita in fondo alla classifica sul fronte del profitto che risulta piuttosto scarso”. La qualità del risultato finale, cioè del conseguimento della licenza di studio, è molto bassa: il 37,7% dei ragazzi raggiunge la sufficienza, il 24,4 esce con buono, il 18,1 con distinto ed il 18,5 con ottimo. Un risultato che a detta degli osservatori è troppo sbilanciato verso il basso, con un numero troppo alto tra coloro che ottengono il minimo agli esami finali.I dati resi noti in Umbria non si discostano di molto da quelli, molto più allarmanti, resi noti dall’Istituto nazionale per la valutazione ed il Centro Europeo dell’educazione. Il 25% dei giovani italiani, presi su un campione di 650 chiamati alla visita di leva, è a malapena in grado di leggere e scrivere, nonostante dieci anni di scolarizzazione media. Nel campione preso in esame la metà dei ragazzi non è stata in grado di comprendere il senso di un articolo di giornale, ma soprattutto di spiegare il significato di aggettivi quali “remunerativo”, di espressioni come “a domicilio”, oppure di compilare un bollettino postale.Dalle due ricerche si evince come la cultura non sia più considerata utile e non faccia parte dei simboli di elevazione sociale o di realizzazione personale. Si avverte, altresì, l’esistenza di un precoce ingresso nel mondo del lavoro, al quale si accompagna una sorta di analfabetismo di ritorno.Un altro aspetto negativo è dato dal legame fortissimo tra bassi livelli di capacità lessicali ed alti livelli di consumi, soprattutto nel campo delle tecnologie che, quando soppiantano qualsiasi interesse, fanno registrare la perdita di capacità alfabetiche. Anche qui, però, bisogna distinguere tra la tecnologia che necessita di alfabetizzazione informatica o meno. Non per nulla l’Italia si distingue per il numero altissimo di telefonini (facili da usare) e, all’inverso, molto basso di computer.A concludere l’analisi dei dati ci si accorge che si vendono pochi libri e si leggono, in misura ancora minore, i giornali (quotidiani e settimanali); ma siamo sicuri che i ragazzi possano imparare a scrivere da esempi giornalistici tipo “la presidente”, “la consigliera” o “ammortizzare le spese”. La riduzione del percorso scolastico, l’eliminazione della lettura e dei classici per un non precisato ingresso della tecnologia e di “americanismi vari” hanno portato la scuola a questi risultati.”Occorre puntare l’attenzione sulla qualità complessiva degli esiti scolastici – afferma il Provveditore Salvatore Maria Miccichè – ancora troppo bassa per avviare un reale ed effettivo miglioramento del sistema scuola”. Appare, quindi, sempre più indispensabile trovare un sistema che garantisca un’istruzione generale di buon livello, evitando i buchi culturali provocati dai debiti formativi.

AUTORE: Umberto Maiorca