Problemi dopo la regolarizzazione degli immigrati

Alcuni "buchi" della legge Bossi-Fini

Presenza dimezzata alla Mensa dei poveri e la disperazione di tanti anziani rimasti senza assistenza: sono stati questi i primi effetti visibili dell’entrata in vigore della legge Bossi-Fini, che prevede la regolarizzazione degli immigrati e sanzioni più severe nei confronti dei clandestini. 3.318 domande sono pervenute negli uffici postali della Provincia di Terni: di queste 2.210 riguardano colf e badanti, 1.108 i lavoratori subordinati. Una regolarizzazione che è costata salata ai loro datori di lavoro, spesso anziani con la pensione minima che si sono trovati a dover pagare contributi per 330 euro (mentre 800 è la quota per chi lavora nelle aziende). La legge prevede che possano essere messi in regola solo gli immigrati entrati in Italia prima del 10 giugno 2002 con un lavoro da almeno tre mesi. Per tutti quelli che non sono rientrati nei “paletti” della Bossi-Fini, l’unica soluzione è la clandestinità, con il rischio, per il datore di lavoro, di una sanzione di due milioni di lire per le badanti, e da dieci milioni di lire a un anno di reclusione per le aziende. Insomma un vero e proprio “chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro” che blocca di fatto l’immigrazione e priva tante persone del sostegno di una colf, di una badante o di tutti quei lavori riservati agli extracomunitari. “Alla mensa – ci dice Elena dalla Caritas – abbiamo avuto una diminuzione di almeno il 40%. C’è una grande paura di essere riconosciuti e rimpatriati, la gente se ne sta nascosta, non vengono più nemmeno nei nostri uffici”. Il problema, non è solo per gli extracomunitari, ma anche per gli italiani che non possono più avere dipendenti. “Quando viene qualcuno a chiedermi come può fare per avere una ragazza che faccia assistenza al padre anziano o malato gli rispondo: “Lo chieda a Fini”. Ho visto gente arrivare qui piangendo: un anziano che aveva bisogno di assistenza e non sapeva come fare perché la sua dipendente è stata costretta a partire lasciandolo solo”. “Ci sono persone – continua – che hanno problemi d’incontinenza, che hanno bisogno di assistenza notturna per andare al bagno o per scendere dal letto e non la trovi un’italiana disposta a lavorare di notte”. Di casi in cui la legge ha dimostrato la sua assurdità la Caritas ne può raccontare a decine: “Abbiamo avuto il caso di una ragazza entrata l’11 giugno in Italia che poteva essere messa in regola, ma non ha potuto; l’ha rovinata quel maledetto timbro sul passaporto. Oppure c’è stato un altro caso, di una ragazza che lavorava in Italia dall’inizio dell’anno, ma era tornata al suo paese per andare a trovare la famiglia, il suo ultimo ingresso in Italia era successivo al 10 giugno. Nemmeno la Questura sapeva come comportarsi nei confronti di questa persona”. Le ripercussioni si sono sentite anche al Progetto Firmina, che si occupa del recupero delle ragazze di strada: se per le ragazze schiavizzate sono previsti programmi particolari, per quelle che si prostituiscono per fame non c’è più niente da fare: non le si può aiutare a trovare casa né lavoro. Ormai per loro si può solo pregare.

AUTORE: Arnaldo Casali