La lettura del Rapporto attuativo sul Patto per lo sviluppo dell’Umbria offre l’opportunità di cogliere il complesso intreccio di provvedimenti dell’ente Regione in corrispondenza dell’ampio ventaglio di competenze amministrative che ad esso fanno capo. In ogni caso, il Rapporto dovrebbe a mio avviso consentire di verificare in che misura il Patto nel suo complesso, grazie alle iniziative di tutte le Parti coinvolte, abbia progredito nell’attuazione delle azioni strategiche per lo sviluppo dell’Umbria (indicate nel documento istitutivo del Patto, di giugno 2002) e secondo le prevalenti, attuali caratteristiche delle politiche di sviluppo locale. Come a suo tempo rimarcai (“Lo sviluppo dell’Umbria si gioca sul ‘Patto'”, La Voce, 5/12/2003) il primo punto che dovrebbe distinguere queste politiche è rappresentato dal riferimento al territorio, inteso come “spazio da sviluppare” secondo opzioni e direttrici ben specificate e condivise dagli attori del processo concertativo. Al riguardo, nell’ambito del Patto per lo sviluppo dell’Umbria sono stati insediati dei tavoli territoriali (in numero di cinque, quante sono le aree individuate all’interno della Regione: Area Nord-Est, Area Trasimeno-Orvietano, Area colpita dal terremoto, Area centrale della Regione, Area Terni-Narni-Amerino) che appunto dovrebbero calare nelle realtà locali e adattare a queste le linee attuative delle azioni strategiche costitutive del Patto. Il Rapporto in questione non contiene però alcuna indicazione sui lavori compiuti a questi tavoli, che rimangono perciò ignoti (nella loro consistenza, o inconsistenza) a tutti i cittadini non appartenenti al ristretto gruppo dei partecipanti ai suddetti tavoli. Al riguardo noto anche il rilievo molto modesto che il Rapporto dà al punto di vista e al ruolo degli Enti locali nella formulazione e nell’implementazione delle strategie del Patto: un silenzio assordante sul fronte delle Istituzioni, quale rappresentato nel Rapporto medesimo. Un altro aspetto distintivo delle politiche per lo sviluppo locale è rappresentato dalla formulazione ed attuazione di progetti integrati di sviluppo (nel senso sia di progetti che riguardano congiuntamente una pluralità di aspetti economici tra loro complementari: es., incentivi alle imprese + accesso al credito + servizi alle imprese…, sia aspetti appartenenti a sfere diverse: es., incentivi alle imprese + politiche per il lavoro + politiche per l’ambiente + politiche di welfare…). Anche su questo fronte il Rapporto non segnala risultati significativi. Esso riferisce su molti provvedimenti nella loro singolarità e specificità, senza indicazione del perseguimento di linee di integrazione e complementarità tra essi, frutto di una messa a punto o quanto meno di un’approvazione interna al Patto. Insomma, il Rapporto contiene una rappresentazione delle linee di azione che la Regione e i singoli Attori svolgono istituzionalmente e che forse, per lo meno in gran parte, anche in assenza del Patto avrebbero percorso. Qual è dunque l’effetto del Patto lungo la direttrice della progettazione integrata ? Le politiche di sviluppo locale tendono a caratterizzarsi anche per il diffuso ricorso a pratiche di concertazione e partenariato. Molte volte nel Rapporto si fa riferimento a pratiche di discussione e approvazione, da parte dei Tavoli del Patto, di programmi e di assetti normativi predisposti dalla Regione sui vari temi di competenza. Data la complessità dei documenti proposti, ci si può chiedere se il tempo a ciò dedicato e la preparazione specifica degli Attori abbiano consentito una partecipazione pienamente consapevole di questi, ed eventuali contributi sostanziali da parte loro. Il rischio, infatti, sottolineato da molti osservatori, è che le pratiche concertative possano tendere all’ottenimento di un facile consenso all’operato dell’attore pubblico leader istituzionale. Un esame accurato dei verbali delle riunioni potrebbe aiutare a rispondere; va rilevato in proposito che i verbali delle riunioni non sono accessibili a tutti i cittadini, ma solo ai partecipanti ai tavoli (per inciso: perché questa limitazione, trattandosi di problemi di interesse collettivo, per la cui soluzione è in genere previsto l’impiego di risorse per la più gran parte pubbliche?). Il Rapporto fa inoltre più volte cenno a forme collaborative tra gli attori su singole iniziative. Nuovamente, è difficile dedurre dal Rapporto l’effettività e l’intensità del legame collaborativo. Certo, la procedura attivata dal Patto favorisce comunque di per sé lo scambio, il confronto, la cooperazione, e un augurabile effetto del Patto può essere proprio quello di promuovere la frequenza e l’intensità dei rapporti collaborativi. Si tratta di rendere queste dimensioni, che speriamo si siano già manifestate sul piano operativo anche in Umbria, sempre più sostanziali, incisive, diffuse. In tal modo, le politiche per lo sviluppo locale possono favorire la composizione delle diverse dimensioni della vita associata, secondo una proporzione frutto di una visione condivisa dello sviluppo del territorio, considerato nelle sue più rilevanti articolazioni. Anche e soprattutto su questo punto è auspicabile che nel futuro possa manifestarsi (e in qualche modo misurarsi) il valore aggiunto del Patto per lo sviluppo dell’Umbria.
Pubblicato il primo ‘rapporto’ sul Patto per lo sviluppo dell’Umbria, ma mancano informazioni su punti chiave
'Patto' poco trasparente
AUTORE:
Pierluigi Grasselli