Quali strumenti giuridici in un futuro Stato palestinese?

Giornate di studio su "Costituzione e costituzionalismo nei Paesi arabi"

“Costituzioni e costituzionalismo nei Paesi arabi” è il tema del convegno internazionale tenutosi il 9 e 10 maggio a Perugia. Due giornate di studio e di dialogo che hanno goduto dell’Alto patronato della Presidenza della Repubblica e dell’intervento di numerosi studiosi, soprattutto stranieri, personalità di spicco delle principali università dei paesi del Medio Oriente. Francesco Bistoni, rettore dell’Università degli studi di Perugia, ha salutato l’inizio dei lavori nella prima giornata dedicata allo studio delle costituzioni e dei principi costituzionali di tali paesi, sensibili a istanze democratiche, che vivono una fase di transizione che è innanzi tutto costituzionale, e che richiede la soluzione del rapporto tra concezione laica e confessionale dello Stato (meno penetrante in questi testi costituzionali di quanto si possa pensare) e tra islamismo e processo di democratizzazione, secondo quanto illustrato nella sua relazione da Stefano Ceccanti dell’Università di Bologna. E a tale processo di democratizzazione parte dei paesi arabi sembrano ormai “condannati”, per usare la felice espressione di Malek Twal, diplomatico giordano, il quale si è augurato che a un compimento del processo questi paesi vengano traghettati anche grazie alla collaborazione di paesi del bacino del Mediterraneo di cui condividono tradizioni culturali e giuridiche. Per tale motivo può sorprendere solo fino a un certo punto se in un paese come l’Egitto, ha spiegato Yehia El-Gamal, dell’Università del Cairo, esiste un sindacato di legittimità delle leggi da parte di una Corte Costituzionale mutuata in parte dal modello italiano e da quello tedesco. Sul processo di decolonizzazione è intervenuto Maurizio Oliviero dell’Università di Perugia, mentre il confronto tra la forma di governo semi-presidenziale tunisina e quella libanese, è stato presentato da Habib Slim, membro del Consiglio costituzionale tunisino (l’equivalente della nostra Corte costituzionale) e da Antoine Khair, presidente del Consiglio di Stato libanese. Particolarmente interessante è stata la tavola rotonda “Quale Costituzione per l’Ordinamento palestinese?” tenutasi il giorno successivo a palazzo Cesaroni alla presenza di Carlo Liviantoni, presidente del Consiglio regionale dell’Umbria. Al centro del dibattito, presieduto da Mauro Volpi, preside della Facoltà di Giurisprudenza, l’assetto costituzionale di un auspicabile Stato palestinese in rapporto al ruolo e alle influenze su di esso dell’ordinamento internazionale e, in particolare, dello Stato d’Israele. Anis F. Kassim, dell’Università di Birzeit si è interrogato su quali possono essere gli strumenti giuridici in grado di garantire il godimento di diritti civili e politici ai cittadini di un futuro Stato palestinese e a quanti in esso dovranno fare i conti con la loro precedente o attuale condizione di profughi. Interrogativo, questo, subito rivolto a Claude Klein, dell’Università di Gerusalemme, che, a nome della maggioranza degli israeliani, ha manifestato l’augurio per la creazione di uno Stato palestinese. Con il contributo di Enrico Molinaro, esponente di un istituto che a Gerusalemme opera per lo sviluppo della pace, l’Harry S. Truman Institute for the Advancement of Peace, il dialogo è stato moderato ma critico, superando le tensioni del momento. E di spunti per una riflessione carica di speranza ce ne sono stati molti. Ricordando l’interrogativo con il quale Oliviero ha concluso il suo intervento chiedendosi se possa darsi una definizione univoca di “democrazia”, si può considerare un aspetto su tutti: che se ogni esperienza democratica è diversa dalle altre, allora considerarla come il “rispetto delle regole del giorno”, secondo il suggerimento di alcuni, comporta un impegno in questa direzione che i Paesi presenti hanno senza alcun dubbio dimostrato, sia in termini di diritto positivo, alla luce, cioè, della loro normazione ordinaria e costituzionale, sia nella espressione di una volontà di apertura che è molto più di quanto con questa espressione si possa intendere e che sarebbe improprio e riduttivo considerare una sfida o una scommessa.

AUTORE: Valentina Vita