Quando la contemplazione fa notizia… e storia

Mons. Domenico Sorrentino

Ma non si era pronosticato, trenta o quarant’anni fa, o ancor prima, che la religione avesse ormai le ore contate? Tutto portava a questa previsione. In certo modo, il grado di secolarizzazione della nostra società porterebbe a pensarlo ancor oggi. Eppure al recente “Cortile dei Gentili” in Assisi, il salone papale che ospitava il confronto su “Contemplazione e meditazione”, ambiente molto ampio e che normalmente stenta a riempirsi, non riusciva a contenere i partecipanti. Il moderatore, giornalista, abituato a misurare l’audience, quasi non credeva ai suoi occhi. In più, a rendere interessante la cosa, era il fatto che di contemplazione e meditazione non parlava solo un monaco come Enzo Bianchi, o un frate come padre Piemontese, ma anche un filosofo “laico” come Giorello. Che fenomeno è? È innanzitutto l’espressione di un bisogno. Un bisogno che viene da lontano, fa capo, anzi, alle radici dell’umano. Scultoreo, come sempre, sant’Agostino: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Cambiano le epoche, ma fino a che l’uomo rimane uomo, pur dentro tutte le contraddizioni dell’umano, il bisogno dell’infinito emergerà sempre. La meditazione e la contemplazione sono due espressioni di questo bisogno. Dopo che la vita ti ha “stressato” con le sue mille seduzioni, e talvolta con le sue mille banalità, senti il bisogno di qualcosa che vada oltre, che dica l’Oltre. E allora ti fermi, torni a te stesso, e dentro di te ascolti una voce che sa di Mistero. Se hai fede, lo chiami “Dio”. Se la fede non ce l’hai – ma tra credente e non credente non è poi così facile tracciare il confine – ne sentirai forse la nostalgia. Per questo, negli svariati paesaggi del “revival” religioso della nostra epoca, si può notare il riemergere del bisogno di meditare e contemplare. Il vociare diventa sempre più insopportabile: inquinamento insieme acustico e spirituale. Si ha bisogno di far “silenzio” intorno a sé e dentro di sé. Ancora sant’Agostino, lamentando il ritardo del suo incontro con Dio, si rivolgeva a lui così: “Tu eri dentro di me, ma io ero fuori!”.

Carpaccio, "La visione di sant'Agostino"

Non sorprende che si senta, oggi, un diffuso bisogno di tornare all’essenziale, di aprire lo sguardo sull’orizzonte del Divino. Su questo, da diversi angoli visuali, si è discusso al “Cortile dei gentili”. E tante cose, anche in tema di meditazione e contemplazione, sono apparse condivise. Occorre tuttavia saper discernere. Nel 1989 la Congregazione per la dottrina della fede emanò un documento, in cui si metteva a fuoco lo specifico della meditazione cristiana, invitando a riscoprirne le migliori pratiche e a non farsi suggestionare da metodiche che, pur rispettabili, portano il segno di una diversa concezione del mondo. Il cristiano, quanto meno, deve sapere che meditare e contemplare non si riduce a un esercizio di tecnica mentale, o di sola concentrazione sul “sé”. Si tratta piuttosto di lasciarsi incontrare da Dio, facendogli spazio. A partire dalla sua Parola, che si è “fatta carne”. Si scopre allora che il Dio invisibile, “sconosciuto” perché più alto di tutti i nostri pensieri, è in realtà un Dio vicino. Dalla contemplazione cristiana non deriva distrazione e sopore, rispetto ai problemi del mondo (altro che la religione “oppio dei popoli”!), ma una nuova energia per affrontarli e risolverli. Il Dio cristiano, quello che Gesù rivela nella sua stessa persona, è il Dio della storia. Contemplarlo è anche battersi per un mondo migliore.

 

AUTORE: Domenico Sorrentino Vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino