Quel giorno che “don Carlo” vide il Cielo

Parola di vescovo

Era il due del due del duemiladue, alle due del pomeriggio, quando la Vergine Maria, l’Amica di sempre, venne a prendere il vescovo Carlo per accompagnarlo nella sua nuova dimora nel Regno dei cieli. E il 2 febbraio in molti ricorderanno il decimo anniversario della sua morte. Carlo Urru ha esercitato il ministero episcopale prima in Sardegna, a Tempio Pausania, per circa dieci anni e poi per altri dieci a Città di Castello. Proprio a Tempio si sta preparando un’interessante pubblicazione nella quale non solo saranno raccolti ricordi di amici, ma sarà riportata anche un’ampia documentazione relativa alla sua attività pastorale. Intanto a Città di Castello, come è avvenuto ogni anno, alle ore 10 del 2 febbraio è programmata la concelebrazione, a lui dedicata, del vescovo Cancian e di altri sacerdoti, non solo diocesani. Saranno anche presenti gli amici della Sardegna, che non hanno mai mancato in questi dieci anni all’appuntamento con l’amico e padre Vescovo. Don Carlo era un prete che lasciava il segno! L’incontro con lui non era mai banale, perché aveva un modo di accogliere e di ascoltare che incoraggiava alla confidenza e all’apertura, tanto che le sue parole, sempre misurate e delicate, trovavano ogni volta la via del cuore. Questo modo di comunicare di “don Carlo” – così lo chiamavano gli amici anche dopo l’ordinazione episcopale – aveva radici lontane: l’aveva appreso alla scuola dei frati Domenicani, parroci della sua parrocchia di Perugia, e poi lo aveva esercitato come responsabile dell’Azione cattolica parrocchiale e diocesana. Chi scrive ha avuto la buona sorte di imparare, alla scuola di don Carlo, la vita e la missione del prete, ed ha condiviso con lui momenti indimenticabili. Voglio rievocarne uno per i lettori de La Voce. Era circa la mezzanotte del 1° febbraio 2002 ed eravamo intorno al suo letto io, don Giampaolo e altre persone mentre don Carlo era assopito in uno stato comatoso. Don Giampaolo intonò il canto Andrò a vederla un dì, e alle parole “in cielo, patria mia” don Carlo aprì gli occhi e li rivolse in alto come se scorgesse il paradiso e vedesse già la Madonna, la Mamma del cielo tanto amata e venerata. Rimase così per qualche attimo e poi ricadde nel suo assopimento. Quegli occhi spalancati per l’ultima volta sono rimasti profondamente impressi nella memoria di chi li ha visti contemplare il cielo. Gelosamente custodito e sempre vivo negli anni, questo ricordo costituisce un incoraggiamento nell’affrontare con fiducia la vita quotidiana e sostiene nella speranza di condividere un giorno la beatitudine di quella contemplazione, vivendo per sempre in quella luce d’amore.

AUTORE: Mario Ceccobelli