Quella volta che in Malawi le luci della festa vennero spente all’improvviso da…

Ricordo missionario dagli anni ’70, all’epoca di padre Stefani

Le zanzare e altri “assassini “ della loro risma giocarono un brutto tiro al missionario padre Duccio proprio nella notte santa di Natale. Ma prima che vi racconti la storia, è bene dare qualche informazione su quell’Africa percorsa in vari modi da Duccio prima di giungere ai territori che ci interessano; informazioni per coloro che non sanno tutto della storia missionaria perugina… È Muloza un ridente villaggio ai piedi del superbo gruppo montagnoso del Mulange che tenta invano di sfidare il gigante Kilimangiaro, 6.000 metri. A noi Muloza sembrò un grosso villaggio, ma l’autorevole David Else, autore di una guida ricchissima sul Malawi, la definisce small town, una cittadina. Padre Stefani curò per sette anni questa missione, dotata di una bella chiesa moderna, di campanile e campane, casa del catechismo e piccolo ospedale… Tante cose belle, ma tutto sommerso in un mare di miseria che si chiama fame e malattia… Nel 1972 i collaboratori italiani, in un ritorno di Stefani in Italia, programmarono i futuri invii di aiuti per nave. Dal porto di Beira, in Mozambico – informava padre Stefani – partiva un treno che, risalendo da sud, attraversava tutto il Malawi e a Muloza faceva lunga sosta. Per questo il primo gemellaggio si chiamò “Perugia – Muloza”. Il materiale che giungeva da Ponte Felcino, confezionato con arte in giganteschi involucri, preparati dagli allegri componenti del gruppo Allegria e Scacciapensieri, rese felici specialmente centinaia di bambini. Per il Natale del dicembre 1979 padre Duccio annunciò una festa più grande del solito: dall’Italia, insieme alle cose utili di sempre, erano pervenuti dolci, giocattoli, lampioncini, ornamenti natalizi di varia natura… Ma Duccio custodiva, come boom per la Notte Santa, due grandi lampioni da porre sull’altare per vederci bene contro l’ostacolo endemico del buio. Le liturgie africane sono lunghe, e i piccoli lumicini dei fedeli finivano presto, alimentati da pochi soldini di gasolina. Sull’altare le luci a petrolio facevano fumo da asfissiare. A Beira il missionario, girando per il porto, aveva intravisto, e felicemente acquistato, due lampadari, sempre da mandarsi a petrolio (forse due pezzi di lusso del tempo della dominazione portoghese, ma dotate di due campane di cristallo, forse capaci di dirottare il fumo in alto e di disciplinare la fiamma che si poteva ingrandire a piacere). Venne il momento di accendere i due lampioni… I fedeli che gremivano la chiesa e che attendevano da ore, batterono clamorosamente le mani e lanciarono i loro festosi gluuu…gluuu… (gridi gutturali impossibili da imitare!). Al Gloria andava ancora tutto bene e il Bambinello apparve abbastanza illuminato, ma poi iniziò una specie di eclisse… Che succedeva? Le fiamme erano al massimo, il petrolio non mancava di certo… ma presto si capì. Le due bocce di cristallo luminosissime e arroventate venivano aggredite con gusto satanico da cento, forse da mille, forse da un milione di piccoli e non tanto piccoli insetti: zanzare in maggioranza, mosche, moscerini, farfalline, appartenenti a tutta la gamma che la biologia africana sa offrire… Ben presto si fece buio. I cristalli erano divenuti due cimiteri, infatti quegli insetti vi morivano appiccicati, divenendo crosta impenetrabile alla luce. “Quella notte – precisava padre Duccio – il barometro segnava 51 gradi di calore. I canti e i tamburi non cessarono. Ma la celebrazione della messa fu sospesa e ripresa all’alba!”.

AUTORE: Remo Bistoni