Piazza San Pietro, 26 aprile. Le tende della Loggia delle Benedizioni sono chiuse. Il pensiero corre a una sera di dodici anni fa, quando si aprirono sul Successore di Pietro: ancora lo vediamo inchinarsi e chiederci di invocare su di lui la benedizione del Signore. Raccogliendo l’ultimo respiro, a Pasqua da quella Loggia ci ha donato la sua benedizione, “in un abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”.
La bara al centro del sagrato, da una parte i grandi della Terra
Giunto al termine della corsa, ora riposa in una bara, posta al centro del sagrato, ai piedi dell’altare. Da una parte, i “grandi” della Terra, molti dei quali quando era vivo hanno preferito non ascoltarlo, infastiditi dalla sua insistenza sull’accoglienza dei diseredati come sulla ricerca sincera della pace e della fraternità tra i popoli. Dall’altra, noi vescovi, richiamati con insistenza a una precisa testimonianza di vita: ci voleva lontani dalla tiepidezza e dalle distrazioni, dalla seduzione della carriera e del denaro, dalla pigrizia che rende più preoccupati di sé che del bene degli altri. Per loro e per noi il messaggio del Papa, che ha avuto il coraggio di prendere il nome di Francesco, diventa motivo per un serio esame di coscienza e impegna a far sì che l’eredità che ci affida sia assunta con disponibilità convinta e generosa.
Il silenzio della folla in piazza San Pietro e degli adolescenti
Lo chiede il silenzio della folla che gremisce piazza San Pietro e via della Conciliazione; folla che fa ala al feretro sulle strade verso la basilica di Santa Maria Maggiore, dove il Papa ha voluto che si concludesse il suo viaggio terreno. Lo chiede il raccoglimento dei ragazzi – penso ai 500 partiti dalle nostre parrocchie –: probabilmente non conoscono i testi del Papa, ma non stenterebbero a sottoscriverli, a partire dal primo, quell’ Evangelii gaudium che mette in guardia dalla deriva di una tristezza individualista: “Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi, non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non palpita l’entusiasmo di fare il bene”.
La bellezza del Vangelo vissuto e l’invito a rinnovare l’incontro con Gesù
Soprattutto, nella figura di papa Francesco i ragazzi hanno intuito la bellezza del Vangelo vissuto e il suo invito, rivolto a ogni cristiano, “a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta… Nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore”.
Il testamento di papa Francesco
L’arazzo esposto sulla facciata di San Pietro rimanda la medesima indicazione: il Cristo vi è ritratto nell’attimo in cui rovescia la pietra sepolcrale e i soldati, inviati a custodire la morte. Il Risorto illumina “il tramonto della nostra vita terrena con viva speranza nella Vita Eterna”, scrive Papa Francesco nel suo Testamento. Lo sigilla una sua ultima parola di consolazione, da cui ci lasciamo accompagnare sulla via del ritorno: “Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me”.
Ivan Maffeis
arcivescovo di Perugia-Città della Pieve
I funerali (Foto Vatica media/SIR – AFP/SIR- Calvarese/SIR – ANSA/SIR)




















