Rientrato dalla Giordania l’arcivescovo Paolo Giulietti dopo un pellegrinaggio in Terra Santa con epilogo imprevisto

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Guerra israelo-iraniana. È rientrato dalla Giordania l’arcivescovo Paolo Giulietti dopo un pellegrinaggio in Terra Santa con epilogo imprevisto.

Dopo le ultime 24 ore trascorse nel raggiungere la Giordania (il 13 giugno) da Israele per poi far rientro in Italia (il 14 giugno), l’arcivescovo Paolo Giulietti, già vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, da oggi pomeriggio è a Lucca, concludendo il suo pellegrinaggio in Terra Santa iniziato con un gruppo di vescovi toscani domenica 8 giugno.

Un epilogo imprevisto in terra giordana a seguito dell’inizio della guerra israelo-iraniana. Ad Amman, capitale della Giordania, i vescovi guidati nel loro pellegrinaggio dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, presidente della Cet, erano arrivati ieri da Gerusalemme grazie al viaggio organizzato in tempi rapidi dagli amici francescani della Custodia di Terra Santa.

Pellegrinaggio con epilogo imprevisto: “Un’esperienza che ci ha rafforzato”

Lo stesso monsignor Giulietti aveva dichiarato ieri sera a La Voce: “Siamo ad Amman in ottime mani, in attesa di un volo per rientrare in Italia”. Giunto a Lucca, l’arcivescovo Giulietti ha commentato questa sua esperienza attraverso il canale YouTube del settimanale ToscanaOggi. Di seguito il suo commento da noi trascritto.   

“Eravamo partiti una settimana fa con l’intento di condividere e di comprendere più a fondo la realtà dei cristiani in Terra Santa e anche la realtà del conflitto che oppone in maniera sempre più cruenta israeliani e palestinesi con gli episodi efferati che avvengono a Gaza.

Direi che siamo andati al di là delle aspettative perché ci è toccato di condividere, nostro malgrado, in maniere molto parziale e molto protetta, la situazione di ulteriore incertezza che si è determinata in questi giorni a causa dell’attacco di Israele ai siti nucleari dell’Iran. È stata un’esperienza che ci ha fatto toccare con mano ciò che la popolazione di quelle terre, a partire dai cristiani, vivono quotidianamente.

Ci ha anche rafforzato nella volontà di essere vicini con la preghiera e con il sostegno concreto alle comunità cristiane di Terra Santa anche di operare tutto ciò che è possibile fare per favorire il dialogo, la comprensione reciproca, la riapertura di quei processi di pace che il 7 ottobre, tutto quello che è seguito con la vicenda di Gaza, gli ostaggi e dei crimini di guerra che si commettono in quel posto, ha poi determinato. Direi che su questa strada dobbiamo impegnarci a fondo noi, in prima persona, le nostre comunità cristiane, perché è l’unica strada praticabile per dare una speranza a quella terra così cara a tanti uomini di fede e anche a noi cristiani”.

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