Nel pellegrinaggio diocesano in Terrasanta dal 28 dicembre al 4 gennaio scorsi abbiamo (ri)letto e meditato con commovente stupore il “quinto Vangelo”, il percorso storico-geografico di Gesù. Non ci sono tracce così evidenti da togliere spazio alla fede. Ma si ritrovano impressionanti conferme, più che sufficienti per dire che Lui è davvero passato in mezzo a noi e che il suo Vangelo è ben documentato. “Qui, a Nazareth, duemila anni fa, il Verbo si è fatto carne nel seno di Maria. Qui a Betlemme è nato in questa grotta… qui ha lavorato, ha predicato, ha istituito l’eucaristia, è stato crocifisso, è apparso ai suoi…”.
Il “quinto Vangelo” conferma che la storia di Gesù narrata dagli evangelisti è visibile e credibile. Abbiamo percorso insieme, anche a nome della nostra Chiesa particolare, le tappe più salienti dell’itinerario di Cristo, come tappe che segnano il cammino della fede cristiana. Eccole in sintesi.
Sul monte Carmelo abbiamo sentito rivolte a noi le parole profetiche di Elia: “Fino a quando salterete da una parte all’altra” (1Re 18,21) senza decidere di pienamente per il Signore?
Nella grotta di Betlemme abbiamo meditato il mistero di Maria che “diede alla luce Gesù, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7). Nessuno se ne sarebbe accorto, se gli angeli non avessero avvertito i pastori e la stella non avesse chiamato i Magi. Ma oggi, dopo 2000 anni, conosciamo la “grandissima gioia” dei pastori e dei Magi che se ne tornarono lodando Dio?
A Nazareth, nella casa di Maria, abbiamo “respirato” il suo sì all’accoglienza di Gesù. In lei il Verbo ha preso carne umana. E poi per trent’anni, assieme a Giuseppe, è vissuta qui con Gesù. Una vita normale, quella dei poveri e degli ultimi della terra, in modo umile, silenzioso, essenziale. Tanto che quelli di Nazareth lo conoscevano come il falegname e non l’accolsero come Messia. “Veniva tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). Davanti al nostro albergo avevamo il dirupo dal quale i nazaretani volevano far precipitare Gesù.
In mezzo al lago di Tiberiade, la barca che ci portava si è fermata. In un prolungato momento di silenzio, rotto solo dallo svolazzare degli uccelli, ci è sembrato di sentire la parola di Gesù rivolta ai suoi: “Coraggio, sono io, non abbiate paura” (Mt 14,27). Veniva in mente Gesù che afferrava Pietro mentre stava affondando e gli diceva: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (14, 31). Per chi crede è possibile anche camminare sulle acque!
Sul monte delle Beatitudini abbiamo riascoltato il messaggio straordinariamente originale del Vangelo di Gesù. Perché non crederci sul serio e fare il percorso tracciato da Gesù?
Per questo al Giordano abbiamo ricordato la grazia del battesimo di Gesù, rinnovando il nostro impegno a vivere secondo il Vangelo, a superare le tentazioni che il Maestro vinse in modo esemplare sulle montagne del deserto di Giuda, dove abbiamo avuto la grazia di inoltrarci a piedi e di celebrare l’eucaristia. C’era un totale silenzio. Risuonavano nel nostro cuore le parole di Gesù: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio… Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto” (Mt 4,4-11).
Nel Cenacolo abbiamo meditato il mistero dell’istituzione eucaristica e del sacerdozio, delle apparizioni del Risorto e della Pentecoste. In questa stanza la fede cristiana trova la sua massima ispirazione.
Il monte Calvario ci ha ricordato la morte in croce di Gesù, invocando dal Padre il perdono e portando con sé in paradiso il ladrone. Il sangue di Gesù ha lavato l’umanità tutta, da Adamo (sepolto secondo la tradizione proprio lì sotto) fino all’ultimo uomo. Li vicino la tomba vuota ricorda che il Crocifisso è Risorto e vivo, è accanto ad ogni uomo. Il suo percorso davvero doloroso è soprattutto luminoso. La fede trova qui il suo connotato principale: pasquale.
Abbiamo avuto molti altri momenti davvero straordinari. Ne ricordo solo due. Il 1° gennaio abbiamo partecipato alla concelebrazione presieduta dal Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. “La pace – ha detto – deve partire da qui e arrivare al cuore di ogni uomo. Ma quanta strada ancora da fare, a cominciare dal Medio Oriente, dal difficile rapporto ebrei-palestinesi!”.
Infine un fuori programma: l’incontro con i bambini “abbandonati” accolti nell’orfanatrofio Creche di Betlemme gestito dalle suore di San Vincenzo de’ Paoli (siamo stati accolti da suor Maria Mastino, una suora italiana), orfanatrofio che ospita dai 60 ai 110 bambini di età compresa fra zero e 6 anni. Quando ho potuto stringere tra le braccia un bambino di pochi mesi, abbandonato in un cartone vicino alle immondizie, nella dolcezza del suo sorriso mi è sembrato di vedere proprio Gesù Bambino che rispondeva alla nostra durezza di cuore con quell’amabile tenerezza che è il riflesso dell’Amore di Dio capace di vincere ogni male. Il cammino della fede infatti proviene dall’Amore e porta all’Amore.