Rimangono ancora molte cose da fare e problemi da risolvere

QUARTO ANNIVERSARIO DEL TERREMOTO DEL 1997: UNA DATA DA RICORDARE

E’ un paradosso, ma in questi giorni – dopo i terribili fatti di New York – nelle zone terremotate dell’Umbria si respira l’aria della globalizzazione. Già, può sembrare un’affermazione curiosa e singolare, ma è proprio così. E non è certo una bella aria quella che tira a Foligno, Nocera e dintorni. Cominciando a riflettere sul quarto anniversario del sisma del settembre 1997, la gente sta riscoprendo nuove incertezze e preoccupazioni, come ci spiega il parroco di Case Basse di Nocera Umbra, don Girolamo Giovannini.Forse può sembrare esagerato il solo pensiero di accostare le macerie dei grattacieli della Grande Mela con le distruzioni del sisma di quattro anni fa. Ma le popolazioni dell’Umbria, colpite da quella piccola grande calamità naturale, dall’11 settembre scorso si sentono un po’ più abbandonate. Più lontane dall’attenzione delle istituzioni nazionali e anche dei mezzi di comunicazione che tante volte sono andati a importunarle. E temono che i tempi della ricostruzione, quella vera, fatta di mattoni e cemento e non di casette di legno, si allunghino ancora di più. In nome dell’emergenza internazionale che oscura un’emergenza locale che si affaccia sul quinto anno. “Nell’ultimo anno – spiega don Girolamo, che sta dando continuità all’esperienza del campo base di Case Basse ospitando extracomunitari senza un’abitazione – c’è stato un grande movimento per portare la gente nelle casette di legno, che sono senz’altro una soluzione migliore dei 42 campi container allestiti nei mesi successivi al terremoto. Ma non sono certo come le abitazioni in muratura, le case dove questa gente ha sempre vissuto”. Nocera Umbra è senza dubbio l’emblema di quanto ancora c’è da ricostruire nell’Umbria terremotata. Il centro storico è chiuso esattamente come quattro anni fa e gli unici lavori interessano il Palazzo comunale, la Cattedrale e la torre. Tutto il resto del borgo va ancora pensato, studiato e progettato dalle fondamenta ai tetti. Stessi problemi anche per le frazioni di montagna del nocerino e del folignate, dove la ricostruzione arranca. Lavori finiti o a buon punto, invece, nelle case sparse del territorio, in particolare per quei proprietari che si sono rimboccati le maniche e avevano i soldi già a disposizione. Sulla ricostruzione nel territorio folignate i conti non tornano. Molti progetti mostrano spese che sono a dir poco lontane dal prezzo medio di ricostruzione e, soprattutto con il contributo che non basta a coprire i costi. Famiglie che non ce la faranno mai a mettere insieme una somma simile. Certo non si parla di generalizzazione ma di casi se ne sono presentati diversi e le famiglie sono disperate: non potranno mai permettersi di aggiungere le cifre di loro competenza a quelle che lo Stato ha preventivato. E’ quindi un fenomeno che il Comune di Foligno non può ignorare ma che dovrà essere monitorato. Così dopo controlli accurati la Giunta comunale è pronta a rivolgersi alla Regione per chiedere l’istituzione di una commissione tecnica in grado di valutare le varie situazioni, molte delle quali presentano costi doppi rispetto alla media e al contributo assegnato in base al grado di danneggiamento. La questione è stata affrontata durante una riunione fra la Giunta folignate e i sindacati. La proposta che ne è scaturita è quella di chiedere al Governo l’innalzamento per le zone terremotate e per i lavori legati alla ricostruzione, degli sgravi Irpef sulle ristrutturazioni edilizie che attualmente è del 36 per cento. Un provvedimento, come hanno spiegato, che se inserito nella prossima Finanziaria potrebbe assicurare la copertura del provvedimento in più anni. Non si tratta di un fenomeno generalizzato, ma in molti casi esiste uno scostamento tra il costo previsto in fase di progettazione ed il contributo assegnato. In alcuni casi si arriva a costi di 3 milioni al metro quadrato contro un prezzo medio che si sta assestando sul milione e 600 mila. Una anomalia che però va attentamente valutata. Molte famiglie se non ci sarà un provvedimento urgente resteranno al palo. Ancora da risolvere restano anche i cosiddetti casi sociali: quei nuclei familiari che, alloggiano ancora nei campi container della pianura. Non solo extracomunitari ma anche famiglie folignati che non hanno più la possibilità di pagarsi un affitto. Famiglie alle quali il Comune dovrà cercare una soluzione urgente onde evitare che i campi container si trasformino in veri e propri ghetti.

AUTORE: Daniele Morini