Riscoprire percorsi di prevenzione ‘primaria’ a livello educativo e soprattutto nelle scuole

In tutto il discorso sulle tossicodipendenze, la parola che ha perduto valore è ‘prevenzione’. Negli anni ’70-80 era stato lanciato, dagli asili ai licei, un ampio programma di studio e programmazione pedagogica che aveva acquisito metodologie appropriate per sviluppare la ‘prevenzione primaria’ per evitare qualsiasi forma di dipendenza psicologica. Si tendeva a valorizzare la salute fisica e mentale ed a sviluppare anticorpi mentali contro forme di asservimento della psiche a sostanze stupefacenti o comportamenti negativi. Quell’esperienza ha validità permanente e dovrebbe produrre una forma di cultura che si ponga in contrasto nei confronti dello ‘sballo’, valorizzando la persona umana, la sua salute e la sua dignità, la sua capacità di autocontrollo. Questa impostazione viene oggi condivisa da larghi strati di popolazione nei confronti del fumo e dell’alcol. Non è un fatto generale, ma si sa che moltissime persone di quello che si chiama ‘primo mondo’ hanno smesso di fumare e sono divenute attente a ciò e quanto si beve. Ma è rimasto in piedi e si è sviluppato il mito del piacere di andare fuori dalle regole e dai limiti, che siano limiti morali o semplicemnete limiti di velocità. Ciò compromette i principi della prevenzione e la loro forza educativa, e trascina la società sempre più in basso. Se la repressione non raggiunge grandi risultati, e la prevenzione manca di supporti credibili, quale speranza rimane per il futuro della società? Sembra paradossale, ma riteniamo che lo stato di necessità in cui ci troviamo ripresenterà, in forme nuove, iniziative permanenti di prevenzione di cui, grazie a Dio, si avvertono già dei sintomi nelle scuole e nelle parrocchie.

AUTORE: (E. B.)