Ritratto dei futuri preti dell’Umbria: intervista al rettore del Seminario regionale

L’inizio dell’estate per molti di noi è un tempo di confine: l’attività scolastica si chiude, i ragazzi di III media e di V superiore sono alle prese con gli esami, e tante attività sportive e ricreative entrano in pausa. Anche la comunità del Seminario regionale umbro di Assisi vive una condizione simile: i seminaristi sono alle prese con gli ultimi esami da affrontare, prima di lasciare la città serafica e raggiungere le parrocchie in cui prestano servizio.

Abbiamo intervistato don Carlo Franzoni, rettore del Seminario, chiedendogli di tracciare un bilancio dell’anno che si sta concludendo.

“La prima cosa da rimarcare – ha detto mons. Franzoni – è che il Seminario non è una realtà chiusa in se stessa, per cui non è possibile farne un bilancio a prescindere dal contesto. Tutto ciò che la Chiesa italiana e umbra hanno vissuto in questo periodo ha influito sulla vita della comunità, perché essa ha cercato di respirarne il clima. Penso in questo senso al Sinodo dei vescovi sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale: non siamo riusciti – come era nostro intento – a predisporre degli incontri specifici, però abbiamo camminato sul tema insieme a tutta la Chiesa”.

Il Seminario non è solo il luogo in cui vive la comunità dei futuri preti e dei loro formatori, ma un luogo aperto a tante realtà ecclesiali…
“Sì, è sede della Conferenza episcopale umbra (Ceu) e riferimento per tutte le Commissioni pastorali regionali, e pertanto luogo di accoglienza e di scambio di idee. Ha ospitato quest’anno il corso di formazione per presbiteri, in collaborazione con l’Istituto teologico di Assisi e con la Ceu, e il corso di aggiornamento per insegnanti di Religione. Infine, specialmente in estate, con la sua foresteria è struttura di accoglienza sempre più richiesta, e non solo da pellegrini, gruppi scout o altre associazioni, ma anche da gruppi parrocchiali della regione”.

L’estate è un tempo di pausa per i seminaristi e per i formatori?
“In realtà, anche se il luogo-Seminario chiude per qualche mese, la formazione non si interrompe. Il periodo estivo, così come i fine settimana durante l’anno, è il tempo in cui essa si completa con l’esperienza pastorale che i seminaristi sono chiamati a vivere nelle parrocchie in cui prestano servizio, e i parroci che li accolgono sono in questo senso chiamati a collaborare con noi formatori nell’educazione umana e pastorale e nell’opera di discernimento” (continua a leggere gratuitamente sull’edizione digitale de La Voce).

 

AUTORE: Federico Casini