di Daris Giancarlini
Tutti a ricordare dov’erano e cosa facevano il giorno dello sbarco sulla Luna. Non mi sottraggo, perché è soprattutto un modo per riavere accanto persone, rivivere atmosfere, riannodare legami fortunatamente mai sciolti. A dispetto del tempo. Quella domenica soleggiata che fu il 20 luglio di 50 anni fa per me, allora tredicenne, è l’eterno, inconfondibile sorriso rasserenante di mio zio Giancarlo e la sua 500 verde acqua: quello era il ‘modulo’ con cui, in un viaggio tortuoso cominciato alle 5.30 di mattina, raggiungemmo dopo oltre quattro ore la nostra ‘Luna’. Era la spiaggia di Marotta, dove ad aspettarci c’era il resto della famiglia di Giancarlo e altri amici comuni.
Ricordo che durante il percorso, e anche dopo, sotto l’ombrellone, uno sguardo ogni tanto alla Luna lo buttavo. Ma lei, la Luna, era quella di sempre; allora ci concentrammo, con molto più entusiasmo, sulla frittura di pesce. Risate, bagni, il solleone, il cocomero fresco: cambiava la Storia, in quella domenica al mare. Non cambiavano le persone, gli affetti, i sentimenti. Si può andare lontanissimo per incontrarsi ancora e ancora, ci si può lasciare per brevi o lunghi periodi, ma quello che conta è il cuore: è dentro questo muscolo pieno di emozioni e ricordi che Giancarlo, andato troppo presto lontanissimo da noi, e tutti quelli a cui vogliamo bene, continuano a sorriderci.