Scuola educativa o di contenuti?

La dimensione educativa nella riforma Moratti in un incontro promosso dalla Pastorale della scuola, Uciim e Aimc. L’intervento di Gregoria Cannarozzo, del gruppo di studio di Giuseppe Bertagna In un momento in cui la riforma della scuola è tornata alla ribalta, la Pastorale della scuola, insieme all’Uciim e all’Aimc, ha promosso un incontro per approfondire alcuni aspetti fondamentali della riforma stessa. L’occasione è stato il convegno proposto nell’ambito dei “Dialoghi con la città” che si è svolto venerdì scorso alla sala dei Notari. Tema del convegno “La dimensione educativa della riforma scolastica: dalla scuola dell’infanzia al sistema dei licei e dell’istruzione e formazione professionale”: questo soprattutto perché – come ha voluto sottolineare nel suo intervento iniziale Rita Ferri, direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale della scuola – “il tema dell’educazione, oggi, considerate le sfide poste dal trapasso culturale in atto nella nostra società è senz’altro prioritario e diventa un compito urgente, in quanto l’educazione stessa è sotto sfida. La scuola – ha proseguito – non può dare solo istruzione e competenze, ma deve essere anche luogo di educazione e di maturazione della coscienza morale di ogni persona”. Per parlare dei principi della riforma Moratti, è stata invitata Gregoria Cannarozzo, del gruppo di studio di Giuseppe Bertagna, (Università di Bergamo). Insieme a lei sono intervenuti Anna Maria Dominici, direttore generale dell’ufficio scolastico regionale dell’Umbria e mons. Giuseppe Chiaretti. La riforma Moratti vuole davvero porre l’attenzione alla persona nel suo insieme? Il ‘profilo dello studente’ può essere considerato il fondamento dell’intera costruzione ed è prima dei contenuti? Queste solo alcune delle riflessioni poste dalla Ferri ai relatori. Il direttore generale Dominici dopo aver riassunto i principi delle tre riforme della scuola (1955 – 1985 – 2004), ha sottolineato che oggi è “necessario rendere la scuola più flessibile e ogni docente dovrebbe educare tirando fuori le migliori potenzialità da ogni alunno, dedicandogli più attenzione per ottenere da loro un protagonismo consapevole”. “Questa riforma non è partita dal niente, – ha tenuto a precisare la Cannarozzo – ma parte da un processo che è in atto da anni e ciò che è stato fatto fino ad ora non va buttato. Quello che ci vuole è una maggiore collaborazione tra Stato, istituzioni scolastiche, famiglie e enti territoriali perché la scuola non può farcela da sola”. Ha poi ricordato che con la riforma i genitori potranno partecipare più attivamente alla vita scolastica dei figli: scegliere di mandarli in anticipo a scuola, scegliere a quale scuola mandarli, valutare la scuola in base all’offerta formativa. A proposito del “piano personalizzato”, ha precisato che “verrà ‘costruito’ in itinere, sul campo, non all’inizio dell’anno scolastico, e per unità d’apprendimento, per cui ce ne sarà uno per ogni gruppo classe”. Per quanto riguarda il portfolio – ha spiegato – “il tutor lo compilerà insieme con i genitori e avrà una dimensione narrativa”. Anche la figura del tutor che ha suscitato tante polemiche, secondo la Cannarozzo non creerà difficoltà: la sua funzione sarà quella di coordinare un lavoro di équipe con gli altri insegnanti, “lavorare in équipe non è difficile perché lo chiede la riforma, ma lo era già prima, perché è difficile relazionarsi tra insegnanti, chi ha lavorato con i moduli lo sa, ma le esperienze positive ci sono state”.

AUTORE: Manuela Acito