Si ritira anche la norvegese Yara

Terni. Dopo la parziale chiusura decisa dalla tedesca Thyssen Krupp

L’annuncio è arrivato del tutto inatteso, senza le criptiche, ma non troppo, comunicazioni su mercati in crisi, costo del lavoro o competitività: la multinazionale norvegese Yara ha annunciato la cessazione, dal 1’gennaio 2006, della produzione di nitrato di calcio. Decisione che causerebbe, nell’immediato, 35 esuberi ‘ma che – dicono alla Femca Cisl, il sindacato dei chimici della Cisl – comporterebbe un effetto domino sulle altre produzioni della fabbrica di Nera Montoro, il cui ciclo è integrato: nel medio periodo anche ammoniaca, acido citrico e bicarbonato verrebbero messe in crisi, con effetti letali sulla fabbrica’. Altre conseguenze anche per l’eventuale apertura del percorso della bonifica, che comporterebbe implicazioni finanziarie di notevole impatto a carico degli obbligati. E dal parlamentino della Cisl territoriale viene un altro grido di allarme: il consiglio generale definisce ‘inaccettabile’ la decisione dell’azienda ‘nel trasferire la produzione in Norvegia, seppur in un contesto aziendale che gode di grandi benefici nel costo dell’energia (gas ed elettricità) ed è largamente in attivo (circa 10 ml di euro nel 2004)’. Si ripete, con la stessa ferrea logica, la vicenda Ast-Thyssen Krupp, anche nei volumi produttivi da cancellare (70.000 tonnellate) e nella unicità e strategicità di questa produzione per il nostro Paese: il nitrato di calcio in Italia si produce solo alla Tic di Nera Montoro. La posizione del sindacato è stata molto decisa: blocco delle portinerie, scioperi, coinvolgimento delle istituzioni, ma sarà difficile che una multinazionale receda dalle proprie logiche di profitto a prescindere da ogni altra considerazione: la storia è già vista. Dalla vicenda Ast qualcosa si potrebbe ricordare: la ricerca di soluzioni possibili anziché quelle impossibili, per dare un futuro alla fabbrica che forse ha patito le maggiori crisi dai tempi della proprietà dell’Eni: dall’occupazione, allora, di 1800 persone alle 115 attuali.Da Bruxelles, dove si è svolta la riunione dei comitati aziendali europei, arrivano segnali, tutti da interpretare, di un confronto, mettendo sul piatto possibili produzioni alternative: logica consiglia di ‘andare a vedere’.

AUTORE: Stefano Candelori