Sinodo: la Chiesa sperimenta la propria “cattolicità”

SINODO DEI VESCOVI. Un primo bilancio dell’assise - e le sue novità - con il segretario generale mons. Eterovic
Il Papa durante la celebrazione della messa conclusiva del Sinodo

Si è conclusa domenica 28 ottobre con la messa celebrata dal Papa nella basilica vaticana la 13a Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Per un primo bilancio dei lavori sinodali abbiamo rivolto alcune domande a mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

Eccellenza, è possibile tracciare un primo bilancio di quest’Assemblea?

“Il bilancio è del tutto positivo. In primo luogo i partecipanti all’Assemblea hanno sperimentato la ‘cattolicità’ della Chiesa: all’assise sinodale hanno infatti partecipato rappresentanti dell’episcopato di tutti e cinque i Continenti. A essi occorre aggiungere anche i capi delle Chiese orientali cattoliche. Vi hanno preso parte anche vari uditori e uditrici, come pure esperti di varie nazionalità, lingue e culture. Essi hanno condiviso la loro esperienza personale e comunitaria della fede cristiana vissuta nelle rispettive Chiese particolari. Se ne percepiva in modo concreto l’unità della fede nella varietà arricchente delle sue espressioni. I partecipanti all’Assemblea hanno poi vissuto una squisita comunione ecclesiale. Sotto l’attenta presidenza di Benedetto XVI, capo del collegio episcopale e Pastore della Chiesa universale, i vescovi e gli altri partecipanti si sentivano a casa loro, liberi di condividere le gioie e le preoccupazioni delle Chiese nei Paesi di provenienza. In un ambiente di preghiera, ascolto, dialogo e approfondita riflessione, si è sentita la presenza dello Spirito santo, principale protagonista dell’Assemblea sinodale che ha, in definitiva, guidato i nostri lavori. Occorre tenere presente tale realtà anche per valutare in modo adeguato i documenti che i Padri sinodali hanno approvato. Pur essendo importanti, essi non esauriscono la ricca esperienza sinodale”.

La nuova evangelizzazione è stata analizzata da diversi punti di vista. Quali sono stati i temi maggiormente sottolineati?

“Il rinnovamento spirituale dei cristiani e della Chiesa. Tutti siamo invitati alla santità. Tutti dobbiamo pertanto convertirci per diventare autentici discepoli del Signore. I veri evangelizzatori sono i santi. Essi sapranno trovare linguaggi adeguati per annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo all’uomo contemporaneo. I Padri sinodali hanno sottolineato il ruolo fondamentale della famiglia cristiana nella trasmissione della fede. È stato poi messo in luce il ruolo essenziale della parrocchia nella vita ecclesiale. Insieme con metodi tradizionali della pastorale, sempre validi, occorre promuovere anche una sana creatività per cercare di avvicinare a Gesù Cristo e alla sua Chiesa quelle persone battezzate che però non vivono le esigenze della loro fede. La vita autentica dei cristiani dovrebbe attirare anche loro alle rispettive comunità perché possano riscoprire la gioia di essere cristiani a livello personale, familiare e sociale”.

Che significato ha avuto la presenza di “delegati fraterni” al Sinodo?

“La loro presenza ha sottolineato la dimensione ecumenica dell’Assise. Per la prima volta, a un Sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica hanno partecipato due capi delle Chiese e comunità ecclesiali che non sono in piena unione con la Chiesa cattolica: Bartolomeo I, arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca ecumenico, e Rowan Douglas Williams, arcivescovo di Canterbury e Primate di tutta l’Inghilterra e della Comunione anglicana. Inoltre hanno partecipato 15 delegati fraterni. L’evangelizzazione impegna tutti i cristiani. La loro maggiore fedeltà a Gesù Cristo e, dunque, la loro maggiore unità favorirà notevolmente l’impegno urgente della nuova evangelizzazione del mondo contemporaneo”.

I Padri sinodali hanno consegnato al Papa 58 “Propositiones” con preghiera di redigere un documento presentando a tutta la Chiesa i risultati del Sinodo. Nel frattempo, quali sono le attese e le scelte prioritarie per le comunità?

“I Padri sinodali sono chiamati a diffondere lo spirito dell’Assemblea sinodale in seno alle proprie Conferenze episcopali e ai Sinodi delle Chiese orientali cattoliche. Ovviamente, potranno fare ciò presentando in modo appropriato i documenti del Sinodo, soprattutto il Messaggio al popolo di Dio che è stato accolto unanimemente. Esso è stato tradotto nelle 5 lingue ufficiali del Sinodo dei vescovi. Molti Padri sinodali si sono impegnati per far tradurre tale documento in altre lingue, affinché i fedeli possano essere tempestivamente informati sulle riflessioni sinodali in attesa dell’esortazione apostolica post-sinodale che, a suo tempo, il Santo Padre pubblicherà. Per benevolenza del Sommo Pontefice è stata pubblicata anche una versione non ufficiale in lingua inglese delle Proposizioni approvate dai Padri sinodali. La versione originale in latino è destinata al Romano Pontefice e non sarà pubblicata”.

Giuseppe Betori

Ottimisti grazie al Risorto

Nessuna “visione catastrofistica”: dal Sinodo dei vescovi è emersa “la consapevolezza che la Chiesa è viva, che ha grandi esperienze, che vanno più comunicate e condivise”. Lo ha detto il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, durante la conferenza stampa di presentazione del Messaggio al popolo di Dio, venerdì 26 in sala stampa vaticana. Tra la bozza del Messaggio e il testo definitivo, approvato per acclamazione – ha rivelato il card. Betori – c’è proprio la frase “la Chiesa è viva”, che uno dei Padri sinodali ha voluto che venisse espressamente inserita. “Non c’era cecità nel Sinodo, nessuno ha finto che non ci fossero problemi – ha precisato mons. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e futuro cardinale. – Ma l’ottimismo non ci ha mai abbandonati. Ci dà un senso di serenità, la spinta per trovare le modalità di affrontare anche gli scandali che hanno colpito la Chiesa”. Il leitmotiv del Messaggio, ha aggiunto il card. Betori, è che “il Signore guida la storia con il suo Spirito: è il Risorto vivente nella storia degli uomini. Ciò dà serenità e coraggio ai credenti di affrontare anche le problematiche più nuove. Non possiamo aver paura; se l’avessimo, negheremmo la presenza di Cristo nella storia”.

 

AUTORE: Vincenzo Corrado