Solenne concelebrazione per la chiusura del Sinodo diocesano

Per tre anni 400 sinodali hanno lavorato per rinnovare la Chiesa spoletina

Domenica scorsa, 8 settembre, nella cattedrale a Spoleto era tutto il nostro popolo: il presbiterio, una settantina di sacerdoti, i religiosi, le rappresentanze delle varie comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti da ognuno dei nove vicariati foranei, e tanti, tanti laici, di cui il Sinodo ha, con intelligenza d’amore, recuperato largamente la dignità e la missione, specialmente attraverso il 7’e 8’Circolo minore, l’uno con il rilancio della ministerialità fino addirittura al diaconato, l’altro con il richiamo all'”universale vocazione alla santità”, tanto per i consacrati che per i laici, specie nella famiglia e nella società, lungo il ricco itinerario formativo: ascolto meditato della Parola di Dio, vita sacramentale e liturgica, assunzione dei servizi più vari ai poveri, testimonianza gioiosa della speranza, l’invocazione a Maria. Documenti di grande ricchezza, sulla linea del carisma profetico, sacerdotale e regale, conferito nel Battesimo, ognuno tuttavia con un Dna tutto personale, in riferimento alla vocazione individuale. Merito particolarmente di don Giulio Martelli Cpps, che ha preso il posto di mons. Gino Reali, ora vescovo della diocesi di Porto e S. Rufina, e don Luigi Piccioli, ai quali, come a tutti gli altri moderatori, è andato il grazie dell’Arcivescovo. I vari momenti (già nel 1996, subito dopo l’ingresso di mons. Riccardo Fontana, quindi, nel settembre 1999, l’Assemblea plenaria diocesana al S. Cuore, a conclusione della prima fase; e via via l’elezione dei 400 sinodali, i circoli minori, i ritmi di lavoro scanditi dalle otto congregazioni generali, l’ospitalità dell’Opera di S. Rita a Roccaporena) sono stati ricordati, al termine della celebrazione, da mons. Rossi che ha voluto così ringraziare a nome dell’intera Chiesa l’arcivescovo mons. Fontana, senza il quale saremmo ancora ai precedenti sinodi, 1938 (Spoleto) e 1954 (Norcia). Ringraziamo lo Spirito santo per questo arcivescovo così giovane e dinamico, di singolare franchezza sulla scorta di Ezechiele (prima lettura della domenica 8 settembre), “ministro della sintesi, operatore della convergenza, assertore della comunione, ben attento ai carismi diffusi dallo Spirito nel suo popolo, contro ogni rischio di verticismo come di vegetazione anarchica”, per usare le parole di don Tonino Bello. Grazie Eccellenza – ha detto don Agostino – per aver cinto il grembiule che fu già di Gesù nel Cenacolo per lavare i piedi al mondo e fare di noi una Chiesa ideale, serva umile, ma destinata un giorno ad essere quello che Maria è già oggi, tutta bella e immacolata, senza macchia alcuna. Poco prima il magnifico Coro, diretto sempre dal maestro mons. Simonelli, aveva eseguito la lauda medievale “O Maria, diana stella – che riluci più che il sole – la mia lingua dir non pole – o Maria quanto sei bella”. Tutte le Chiese sono di Maria, ma questa nostra, un pochino di più, nella terra spoletina “terra di santa Maria”, che già da secoli celebrò l’Assunzione il 15 agosto. Vorremmo qui riassumere la magnifica omelia di mons. Arcivescovo ma lo spazio non ce lo consente. Non mancheremo di farlo sulla rivista diocesana “Chiesa in cammino”. Diremo soltanto, in questa sede, del “già e non ancora” illustrato da mons.Fontana, la certezza cioè e speranza, per il “duc in altum” che resta affidato al soffio dello Spirito, con tutta una particolare attenzione agli ultimi, nella varietà dei ruoli e dei ministeri. Mons. Rossi ha voluto ricordare la preghiera di Teresa di Calcutta: “Unisci tutti, o Signore… Dà pace a noi e alla Chiesa. Resta con ognuno di noi, perché ogni anima con cui verremo a contatto possa sentire la tua presenza nell’anima nostra e poi guardare in sù e vedere non più noi ma Gesù”. Al termine, la Ss.ma Icone, è stata riaccompagnata nella sua cappella, al canto dell’inno tradizionale “Bella al sol”, di mons. De Carolis e mons. Gradassi, membri del capitolo della cattedrale.

AUTORE: A.R.