Il 10 giugno 1940, il ministro degli esteri Galeazzo Ciano consegnò all’ambasciatore inglese e a quello francese, con modi formali e garbati, la dichiarazione di guerra dell’Italia a quei due paesi. Era il preludio di tragedie tali, che è impossibile provare nostalgia per quel modo di condurre gli affari. In effetti non ci furono dichiarazioni formali né quando, un anno dopo, la Germania di Hitler attaccò l’Urss di Stalin (fino a quel momento erano stati alleati) né quando, dopo altri sei mesi, il Giappone attaccò gli Stati Uniti. Ma almeno quelle forme permettevano di sapere quando cominciava una guerra – ammesso che saperlo serva a qualcosa.
Ai nostri giorni abbiamo visto Israele prima, e gli Stati Uniti poi, compiere contro l’Iran quelli che erano indiscutibilmente atti di guerra, e abbiamo visto l’Iran rispondere, sia pure (sembra) in modo più simbolico che effettivo. Subito dopo Trump ha detto: basta così, facciamo la pace. Salvo poi inquietarsi perché, a quanto pare, né Israele né l’Iran mostrano di avere l’intenzione di fermarsi.
Una volta di più sperimentiamo quanto sia pericoloso avere governanti (specie se sono a capo dei paesi più potenti e armati del mondo) che non sanno calcolare le conseguenze dei propri atti, o non si curano di farlo. La forza materiale, la saggezza, la buona volontà: ecco tre qualità che in un mondo ideale dovrebbero trovarsi riunite nelle stesse mani, e invece non si trovano mai insieme. Il Papa ha sicuramente la saggezza e la buona volontà, ma non la forza materiale (“quante divisioni ha il Papa?” chiedeva, sarcastico, Stalin); non c’è da stupirsi che altri abbiano la forza ma non le altre due qualità; e nell’immediato quella che provoca le conseguenze è la forza.
A lungo andare, forse, qualche volta, la saggezza prevale: fu un Papa (Giovanni Paolo II) a provocare la disgregazione di quello che era stato l’impero di Stalin; così almeno a molti piace pensare. Si dice: il tempo è galantuomo; ma anche di questo non ci si può fidare troppo. Quello che manca è un’autorità sovranazionale che abbia il potere legale e morale di imporre ai contendenti regole di pace, e però abbia anche la forza reale per farle rispettare; quello che si vorrebbe fosse l’Onu, ma chiaramente non è. Aspettarsi oggi la soluzione dall’Onu è utopia; anche se l’Onu, a tutt’oggi, è il meglio che l’umanità abbia saputo produrre in questo senso.