Tentazioni di Gesù, e di oggi

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini I Domenica di Quaresima - anno A

Mercoledì scorso è stato il giorno detto delle Ceneri. Quelli che hanno avuto modo di partecipare alla liturgia, si sono sentiti rivolgere una parola apparentemente ovvia: “Ricorda che sei un umano…”. E intanto il celebrante metteva in testa un pizzico di cenere, come per ricordare che siamo tutti precari e provvisori. A pensarci bene, quella parola è tutt’altro che ovvia. Anzi, dietro c’è la domanda decisiva, cui l’uomo da secoli tenta invano di rispondere: l’uomo, chi è? Io, chi sono? La liturgia di questa prima domenica di Quaresima ci catapulta esattamente al centro di questa problematica. Il racconto evangelico delle tentazioni di Gesù precisa che fu lo Spirito a spingere Gesù nel deserto, per affrontare un combattimento, corpo a corpo, con Satana.

Lo stesso Spirito del Padre, che era visibilmente sceso su di Lui durante il battesimo, lo aveva indicato come il Figlio prediletto. Conferma decisiva per l’uomo Gesù e per i circostanti. Dunque Gesù è vero Dio. Ma egli viene in terra, uomo fra gli uomini, come vero uomo. Pertanto doveva sperimentare tutto ciò che è proprio dell’uomo; anche la tentazione del male. Un vero snodo della sua vita: chiamato a decidersi tra il piano del Padre, di cui Egli riconosceva il primato, e che prevedeva un Messia sofferente, e l’opinione popolare, che parlava invece di un Messia unicamente e clamorosamente vittorioso. Le tre tentazioni, di cui si narra nel Vangelo, sono, in fondo, riconducibili a una: la tentazione del potere. Dice il Satana: puoi farcela da solo; Dio non serve. Perché macerarti nella fame, non hai forse il potere di trasformare questi sassi in altrettanti panini (Mt 4,3)? Non puoi forse crearti una popolarità ineguagliabile, planando dal cielo tra la gente che affolla i cortili del Tempio (Mt 4,7)? Guarda anche come ti sarebbe facile avere un potere politico illimitato (Mt 4,9). Riprenditi la tua autonomia.

Per vincere questa tentazione Gesù dovrà accettare i limiti della condizione umana e affidarsi non al proprio potere, ma alla Parola di Dio. Questa fu anche la tentazione primordiale, radice del dramma della storia umana. La lettura del libro della Genesi lo presenta sotto un intreccio di metafore. L’autore sacro creò uno scenario perfetto da età dell’oro, con alcuni personaggi in tranquillo colloquio tra loro. Uno di questi, il Satana, dice ai progenitori: “Se volete, voi potete essere come dèi, conoscitori del bene e del male”. Vale a dire: voi stessi potreste determinare, in totale autonomia, ciò che è bene e ciò che è male per voi; potreste decidere voi della vostra felicità. Non avete bisogno di Dio. I nostri progenitori caddero nell’inganno e decisero che era possibile fare a meno di Dio: ormai avrebbero potuto esercitare un potere assoluto su se stessi e sul mondo che li circondava.

È questo il senso di quanto sentiremo proclamare nella liturgia: “Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza, prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito che era con lei, e anche egli ne mangiò” (Gen 3,6). Com’è noto, la scelta si rivelò l’opposto di quanto era stato promesso dal Maligno: si ritrovarono nudi. Questo fu solo l’inizio della storia. Lungo il correre dei secoli e dei millenni la tentazione dell’ateismo si ripresentò, a più riprese, con aspetti diversi. Nella storia biblica si narra della lunga marcia di Israele nel deserto, durante la quale le varie ribellioni del popolo ebbero sempre un nocciolo duro, chiuso in una domanda: “Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?” (Es 17,7).

Nessun antico semita dubitò mai della realtà di Dio: per lui era un’evidenza. Tuttavia un dubbio rimaneva: Lui dov’è? Mi è favorevole o contrario? S’interessa ai miei problemi, o no? Non è forse simile a questo il sospetto che insidia molti di noi? Nella storia d’Europa degli ultimi due secoli, si sono avvicendati alcuni pensatori, la cui predicazione, detto in soldoni, proclamava: se vuoi essere un vero uomo, devi uccidere Dio, eliminare dal tuo orizzonte mentale e dai tuoi comportamenti ogni riferimento ad una autorità divina. Devi sentirti responsabile solo di fronte a te stesso. Non è forse la stessa catechesi del Satana, di cui narra il libro della Genesi, e il Vangelo di Matteo? È difficile negare che questa forma di ateismo sia piuttosto diffusa ai nostri giorni. Benedetto XVI, nel suo recente messaggio quaresimale, sottolinea che la liturgia di questa prima domenica è “un deciso richiamo a ricordare come la fede cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta ‘contro i dominatori di questo mondo tenebroso’ (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca, neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso, per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male”.

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all'Ita di Assisi