Terre benedette

Le proprietà terriere, e non solo, dell'abbazia di San Pietro

Pietre e mattoni nel paesaggio rurale (ali&no editrice) è il nuovo volume pubblicato dalla Fondazione per l’istruzione agraria di Perugia. Occasione, l’annuale manifestazione ‘Tesori d’arte’, giunta alla settima edizione e conclusasi il 12 gennaio, con una mostra dedicata ai disegni d’archivio relativi ai progetti di realizzazione dei casali di proprietà dell’abbazia di San Pietro di Perugia. Proprietà ricevute in dono, ma spesso insalubri e in rovina, e che solo l’opera indefessa dei monaci riuscì a bonificare. Qui gli stessi monaci costruirono in seguito piccoli monasteri, chiese, cappelle quali rifugio nel corso dei loro viaggi di evangelizzazione, per ripararsi e dire messa. ‘Ecco spiegato ‘ scrive nel suo contributo al volume padre Giustino Farnedi, priore dell’abbazia perugina – l’origine di quel vasto patrimonio di costruzioni di chiese, oratori e cappelle disseminati nelle nostre campagne, molti dei quali daranno origine allo svilupparsi di interi paesi che ancora oggi portano un nome sacro. Insediamenti nati anche per dare ospitalità ai pellegrini che dal Nord scendevano lungo la via Tiberina per raggiungere Roma’. Centonovantatré erano le chiese di proprietà benedettina, 19 le parrocchie. Nel periodo di massima espansione delle proprietà, 500 erano le famiglie che vi lavoravano, 5000 le persone. Dati desunti dalle monumentali Memorie storiche del monastero di San Pietro di Perugia, opera di don Mauro Bini, benedettino perugino del XVIII sec. dalla cui opera è partita la ricerca di padre Farnedi. ‘Quando sul finire del XIX sec. il monastero venne soppresso – dice Franco Mezzanotte, docente di Storia medievale all’Università di Perugia, curatore della collana di ‘Tesori d’arte’- erano quasi 3.000 gli ettari di proprietà dei Benedettini, terreni che si estendevano da Deruta a Marsciano, la cui area più importante era Casalina (con il santuario della Madonna dei Bagni), la zona intorno a San Pietro con la chiesa di San Costanzo e la zona di Sant’Apollinare, verso Marsciano. Quest’ultima venne ceduta ai Benedettini di San Pietro dai monaci di Farfa nel 1100, le altre terre sono invece relative a donazioni o acquisti. Oggi quello che rimane sono poco più di 2.000 ettari, e credo costituiscano la più grande tenuta dell’Umbria. Nel 1600 si diceva che l’abate di San Pietro poteva camminare da Perugia a Todi camminando sempre sul suo’. ‘Quello che si produceva in queste terre – prosegue – veniva venduto sul mercato, dal grano alle patate, ma in parte era adoperato per il consumo e in parte tenuto dalle famiglie dei coloni. La mezzadria era infatti molto applicata dai Benedettini, a differenza dell’enfiteusi che venne ben presto abbandonata perché poco redditizia’. ‘Il grande mercato dei Benedettini – racconta ancora – era dove oggi ci sono i giardini del Frontone, area che i monaci vendettero nel 1600 al Comune: in cambio ricevettero la privatizzazione della strada comunale di accesso, così da poter chiudere completamente il monastero. I monaci costruirono poi l’arco di San Pietro. Oggi le proprietà dei Benedettini, gestite dalla Fondazione per l’istruzione agraria, vengono utilizzate soprattutto per scopi di ricerca e di sperimentazione. In seguito ai rapporti con l’Università, nel 1902 è nata la facoltà di Agraria. Fino a qualche anno fa a Casalina c’era anche il collegio per gli studenti della facoltà che dovevano passare sei mesi sul terreno a fare sperimentazioni e ricerca. Intorno agli anni ’50 dell’800 a San Pietro venne fondata una colonia agraria per dare uno scopo a dei ragazzi ‘disgraziati’, e si sa che i monaci presero contatti con don Bosco e altri educatori per tentare di riscattarli. Per un periodo venne anche utilizzata dallo Stato per mandare giovani affinché imparassero un mestiere: funzionò per una quindicina d’anni con successo’. Il volume contiene anche i contributi di Anna Belardinelli e Giovanni Manuali, e un catalogo fotografico di Pietro Panfili. Manuela Acito

AUTORE: Manuela Acito