Una cartolina da Lourdes

Questa che vi arriva sotto il consueto titolo di ‘Abat jour’ in realtà è una cartolina. Una cartolina da Lourdes. Più esattamente, una cartolina dal treno che va a Lourdes. Un treno bianco dell’Unitalsi. Mi sono aggregato perché ne sentivo estremo bisogno. Noi la devozione alla Madonna l’abbiamo prima succhiata col latte materno, poi, appena bambini, l’abbiamo esercitata giorno dopo giorno nella recita del rosario subito dopo cena. Sì, si dice così: ‘Santo Rosario’, ‘catena dolce che ci riannodi a Dio’, secondo l’afflato caldo della Supplica alla Madonna di Pompei. Santo Rosario. Rotolano l’una sull’altra le 50 avemarie, a dare il la ci pensano i 5 paternostri che le dividono in decadi, sullo sfondo le scene della vita di Gesù e di sua Madre, leggére, poco più di una silhouette. Un tepore che non potrai mai dimenticare. Come il tepore dalla carta paglia riscaldata e intinta nel lardo sciolto al fuoco che la mamma ti aveva assicurato al busto, con dei cordini, sotto la giacca del pigiama, sotto la maglia pesante, per vincere la bronchite, quando ancora – se Dio vuole- in circolazione non c’era l’Aulin.Sono stato a Lourdes due volte. La prima nel 1969, di ritorno dalla Spagna, dove con don Benito e un gruppetto di studenti universitari avevamo fatto una splendida vacanza a prezzo muy barato sulla Costa Brava, a Blanes, e gli Americani ne avevano approfittato per mandare il primo uomo sulla luna. La seconda nel 1974, per accompagnarci la mamma, che lo desiderava come niente altro: e di fatti, lei che aveva ormai 77 anni, quando il pullman superò l’ultima curva e suo nipote don Paolo Nardi gridò ‘Ecco Lourdes!!’, lei prese a gridare, e a battere le mani, in piedi, dimentica dell’artrite deformante che la tormentava (avrebbe dovuto tormentarla). Come un’adolescente all’arrivo (allora) dei Beatles. Poi intonò ‘Mira il tuo popolo’, con la sua voce bellissima. Bellissima almeno per me. Perché sto andando a Lourdes? Non lo so, fino in fondo. Certo è che voglio perdermi nella fiumana di umanità, spesso dolente, sempre piena di speranza, che approda nella patria di Bernardetta che scavò a mani nude il fiume maestoso della vita vera, e ora è lassù, in alto, nel Faro del vero Capo di Buona Speranza, in alto, mentre giù in basso le speranze degli uomini diventano certezze nel momento in cui spumeggiano contro gli scogli. Porto con me i cocci di una vita mediocre, i frantumi di una speranza grande e polverizzata, che tuttavia non mi è permesso di liquidare. La soluzione giusta sarebbe rinchiudersi in un buco grande quanto una capocchia di spillo, se non ci fosse quel Suo sorriso appena accennato. Ave Maria. Adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

AUTORE: Angelo M. Fanucci