Al suono finale della campanella mancano davvero pochissimi giorni. A breve lo sentiremo riecheggiare nei corridoi delle scuole e dalle aule vedremo sciamare in fretta e furia il popolo degli studenti diretto, tra gavettoni e goliardate finali, verso altri lidi… Qualcuno di loro magari si porterà nel cuore un pizzico di malinconia o di nostalgia, qualcun altro la preoccupazione di dover trascorrere parte dell’estate sui libri per recuperare uno o più debiti, altri ancora l’amara delusione di un anno fallimentare e ormai non più recuperabile.
Giugno è anche tempo di bilanci, non solo di scrutini ed esami. L’anno scolastico 2024-25 ha portato (o ha tentato di portare) diverse novità e cambiamenti. Il divieto di utilizzo di smartphone in classe, ad esempio, è stato ulteriormente sottolineato con l’applicazione della circolare 5274, firmata dal ministro Valditara l’11 luglio 2024. In realtà, già nel 1998, lo Statuto delle studentesse e degli studenti e in seguito la circolare ministeriale n. 30 del 2007 avevano affrontato la questione. Il dibattito di inizio anno si è poi concentrato sulla revisione delle linee guida per l’educazione civica, nelle quali il legame tra senso civico e appartenenza alla nazione appariva piuttosto enfatizzato.
Anche la riforma dell’orientamento, avviata nel settembre 2023, ha richiesto nuove riflessioni, soprattutto alla luce di molte criticità sostanziali emerse in corso d’opera. Gli interventi ministeriali hanno riguardato inoltre le questioni disciplinari, con l’attribuzione di un maggiore peso al voto di condotta, ma gli episodi di aggressività e bullismo tra gli studenti, o nei confronti dei docenti, restano numerosi e allarmanti.
Giugno chiude quindi i cancelli degli istituti di istruzione, ma lascia aperte molte sfide. La scuola italiana presenta ancora troppe vulnerabilità, prime tra tutti le disuguaglianze educative e lo svantaggio sociale che segnano drammaticamente alcuni territori del nostro Paese. Poi c’è il capitolo dedicato alle strategie inclusive che faticano a decollare, a volte purtroppo anche per resistenza interna da parte di alcuni docenti.
I numerosi tentativi di innovazione delle metodologie di insegnamento, supportati dai progetti Pnrr e dai fondi europei, nonché gli investimenti nella formazione dei docenti, non sembrano poi essere sufficienti a rinverdire la motivazione degli studenti, spesso apatici e disinteressati alle proposte didattiche.
Qualche giorno fa, nella bacheca di un liceo di Lugo di Romagna, una studentessa ha appeso una lettera accorata e tagliente. Sottolineando la distanza emotiva tra studenti e insegnanti, la giovane ha descritto questi ultimi come disconnessi dal contesto classe e presi dalla frenesia del programma. La diciassettenne ha rivendicato, infine, con forza la necessità da parte degli studenti di essere “visti”, oltre i voti e le verifiche.
La scuola è nel pieno della crisi che investe l’intera società e cerca di attraversarla con mezzi di fortuna, dimostrando di essere anche un po’ vittima di sé stessa, chiusa in posizioni anacronistiche. Sembra aver perso lucidità ed essere incapace di inserirsi efficacemente nel flusso vitale della popolazione a cui si rivolge. Il gioco dei ruoli non funziona più, ma la preparazione e la professionalità sono ancora riconosciute e valorizzate da studenti e famiglie. Portano buoni frutti, se applicate al cambiamento, e sono in grado di dare a esso un volto umano.
Silvia Rossetti