“Uomini di Dio”, testimonianza vissuta

Parola di vescovo

È stato vivo l’interesse degli eugubini per la visione del film francese Des hommes et des Dieux, nella recentissima versione italiana Uomini di Dio presentato questi giorni al pubblico italiano. È parsa ravvivarsi quella parentela spirituale con la Chiesa algerina alimentata dal nostro vescovo cardinale Giuseppe Pecci in occasione della notizia il 5 giugno 1843 del ritrovamento del luogo del martirio del diacono Giacomo e del lettore Mariano, i primi martiri originari della Numidia che confessarono la fede in Cristo al di fuori della provincia proconsolare, presso Cirta il 30 aprile 259, e che sono custoditi e venerati nella cattedrale di Gubbio dagli inizi dal secolo VI.

Il film, premiato speciale della giuria di Cannes 2010, racconta la vicenda dei monaci cistercensi di Tibhirine. A seguito della indipendenza dell’Algeria nel 1962, l’abate generale dei Circestensi decise la chiusura del monastero, affermando che l’Ordine non poteva mantenere una propria presenza in un Paese diventato quasi totalmente musulmano. Ma il grande cardinal Duval, allora arcivescovo di Algeri, ottenne l’annullamento di questa decisione. Da allora la comunità di Tibhirine prese progressivamente una forma di vita che ne ha fatto un vero e proprio simbolo della vocazione cristiana in Algeria.

È quanto mai interessante che questo film sia una scelta di professionisti laici del cinema, senza committenza da parte della Chiesa e di una istituzione cristiana. Scrive mons. Tessier, arcivescovo emerito di Algeri: “I monaci formavano una comunità cristiana e monastica attraverso il segno della preghiera cristiana, del servizio evangelico e dell’incontro senza pregiudizi con un vicinato quasi totalmente musulmano. Il monastero era in stretto legame con le quattro diocesi di Algeria. Anche il nostro amico, padre Piroird, vescovo di Constantine, ha predicato un ritiro ai monaci. Era particolarmente commovente la qualità dei legami umani e spirituali che i monaci avevano saputo stabilire con il vicinato musulmano. Avevano relazioni con la maggior parte degli abitanti del villaggio. Relazioni dei malati con fratel Luc medico, visite con fratel Christophe, incaricato del giardino o con fratel Paul idraulico. Alcuni sapevano anche condividere con il priore fratel Christian le loro preoccupazioni spirituali, e tutti riconoscevano il valore della preghiera dei monaci e contemporaneamente approfittavano della sala di preghiera che il monastero aveva preparato per loro, aprendo una stanza che dava sulla strada. Fu dal 1993, la vigilia di Natale, che i monaci ebbero la prima visita da un gruppo armato, cui seguirono le pressioni delle autorità in occasioni delle votazioni della comunità per decidere sul futuro della loro presenza, il rapimento dei monaci nella notte tra il 6 e il 7 marzo 1996, assassinati il 21 maggio 1996; circondati da tutti i loro vicini musulmani sconvolti, sono stati sepolti nella terra del loro monastero. Fu una grande prova non solamente per la comunità cristiana ma anche per la società algerina. Il mistero della testimonianza della comunità monastica si è reso chiaro dopo la morte dei monaci e il testamento di straordinario spessore umano e spirituale di fra’ Cristiano”.

AUTORE: † Pietro Bottaccioli