I Vescovi italiani, nell’ultima Assemblea, hanno approvato la nuova versione del Messale romano, che verrà sottoposta alla Santa Sede per i provvedimenti di competenza. Nel Messale si trovano anche le traduzioni delPadre nostro e del Gloria, già pubblicate nella versione della Bibbia Cei del 2008 (nella quale furono apportati più di 100.000 tra cambiamenti, correzioni e miglioramenti). Tra le revisioni approvate emergono la formula del Pater “non abbandonarci alla tentazione”, e l’inizio del Gloria , “pace in terra agli uomini, amati dal Signore”.
Il verbo greco eisphero alla lettera significa “portare dentro”, “far entrare”, “condurre”, e dunque era giustificata anche la precedente versione Cei, “non ci indurre in tentazione”, ricalcata dal latino, la quale però poteva lasciare immaginare che Dio potesse indurre alla tentazione. La nuova traduzione Cei è migliorata a livello teologico, perché lascia intendere da una parte che Dio non tenta al male (come si evince anche dallaLettera di Giacomo 1,13), e che, in ogni caso, vi sono nella vita delle prove che non sono “tentazioni”, come quella dello stesso Abramo (cfr. Genesi 22,1), volute da Dio.
Il sostantivo peirasmos infatti può assumere il senso di “prova” o di “tentazione”, a seconda del contesto: in senso positivo la prova può essere dimostrativa (Gen 22,1), oppure in senso negativo come istigazione al peccato. Nel caso del Padre nostro possono essere implicati tutti e due i significati, ma il fatto che si chieda l’aiuto di Dio potrebbe farci propendere verso l’idea che si tratti di una tentazione al male.
In questo caso, si intende allora che quando si è ormai entrati in quella tentazione o prova, Dio comunque non abbandona. La nuova versione liturgica Cei è accettabile (continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce, basta registrarsi).
Padre Giulio Michelini
ofm, biblista e preside dell’Istituto teolgico di Assisi