Ventisette terremotati hanno trovato una nuova famiglia

L’informazione sul terremoto è ampia e costante. Meno note le iniziative di solidarietà. Una di queste è a Fiorano Modenese
Fiorano Modenese Santuario mariano della Beata Vergine del Castello (foto di archivio)

Sono “terremotati” anche loro, e la burocrazia lo chiama “campo”, ma non ci sono le tende, e le macchine per dormire, le file per un piatto di pasta o per andare in bagno. Siamo ai piedi del santuario mariano di Fiorano Modenese, detto della Beata Vergine del Castello, nella casa della “Città dei ragazzi” di Modena che di solito ospita esercizi spirituali. Qualche scossa arriva anche qui, e nella vicina Sassuolo domenica sera hanno chiuso le scuole per precauzione, ma non c’è paragone con la situazione che si vive a qualche decina di chilometri di distanza. E, soprattutto, le case appaiono ancora un rifugio e non una minaccia.

Nel cortile troviamo persone di tutte le età, anziani sulla sedia a rotelle, giovani che chiacchierano e scherzano, adulti che passeggiano e, in mezzo a loro, don Stefano Andreotti, un robusto sacerdote, già missionario a Hong Kong, che dispensa sorrisi e non si nega a nessuno. “Io non faccio nulla, sono i volontari e la Francesca che mandano avanti tutto”, si schermisce quando lo incontriamo. Eppure viene definito “la colonna portante del nostro lavoro” da Francesca Frigieri, che fino a due settimane fa lavorava “dietro le quinte” nel magazzino del centro d’ascolto della Caritas parrocchiale, finché si è trovata in mezzo a quest’avventura. E, da allora, ha preso in mano le redini senza un attimo di sosta. “Il venerdì successivo alla prima scossa – dice – sono arrivati da Finale Emilia 20 sfollati”. Poi la scossa del 29 maggio e “ne sono arrivati altri 12”. Cinque sono andati via, e in tutto ora sono 27, dai 21 ai 95 anni. Prima vivevano nelle loro case, poi sono finiti in tenda, ma hanno una particolarità: sono anziani o disabili. “La più giovane, una ragazza di 21 anni, è con la mamma, poi abbiamo un signore di 95 anni assolutamente autonomo, ma anche 9 disabili che vivono con la badante”. Nel cortile, intanto, vediamo uscire per una passeggiata una coppia di carrozzine: in una siede un uomo e a spingerla è la moglie, l’altra invece è accompagnata dalla badante ucraina.

“Le nostre stanze sono ‘celle’ da preghiera e non avremmo mai immaginato di ospitare così tante persone, peraltro con problemi di mobilità: per noi è stata una sfida”, prosegue Francesca. A gestire gli ospiti sono tutti volontari, “ne abbiamo un centinaio”. Il motto coniato per chiedere l’impegno dei fioranesi è che ci sono “Terremotati a chilometri zero”, non serve neppure prendere la macchina per rendersi utili. “Eravamo qua e ci siamo adattati a questa situazione: quando sono arrivati i primi – ricorda Frigieri – non avevamo cuochi, né personale per fare compagnia”. I primi pasti sono stati offerti, poi finalmente è giunta la disponibilità di un cuoco, mentre in continuazione arrivano persone a offrire qualche ora del loro tempo. E Francesca, in un grande tabellone, segna i turni per servire a tavola, pulire i luoghi comuni, lavare i piatti e così via. “Se tutti offrono un micro-aiuto, questo fa la quantità”, è la filosofia alla base dell’organizzazione. Se una volta ha un impegno, il volontario trova da sé il sostituto.

 

“Noi garantiamo i tre pasti della giornata, oltre alle merende, gestiamo il quadro sanitario, abbiamo ricostruito le cartelle cliniche e ottenuto i duplicati dei tesserini sanitari”. Poi c’è, e non è meno importante, la compagnia, ci sono i momenti di festa, la tombola del mercoledì. I ragazzi che girano per la struttura sono quelli della parrocchia, che con la chiusura preventiva delle scuole hanno cominciato le vacanze con qualche giorno d’anticipo. Un medico in pensione segue, come volontario ma a tempo pieno, tutti gli ospiti, e ha ottenuto la possibilità di tornare a usare il bollettario rosso (quello del Servizio sanitario per le prescrizioni) per l’emergenza terremoto. Adesso si cercano volontari per i mesi estivi, quando qualcuno di coloro che ora sono impegnati andrà in ferie. A fianco del volontariato, la carità, che finora ha permesso di mettere tutti a tavola. “Con il progetto ‘Goccia a goccia’ chiediamo ogni due settimane di portare un prodotto in una determinata quantità, in modo di aver la certezza che arriva il cibo che serve”. Qualche chilo d’olio o di riso, una cassetta di pomodori, il caffè… “Non servono Tir di roba, e poi, se ci arrivassero 3 mila chili di pasta senza nulla per condirla, che ci faremmo?”. La macchina sta ingranando, con l’impegno gratuito di tanti, consapevoli che si andrà avanti a oltranza. Queste persone con il terremoto hanno perso la casa, ma hanno trovato una nuova famiglia.

AUTORE: Francesco Rossi