Mentre scrivo ho ancora un nodo alla gola. Come – penso – ce l’abbiano tutti quelli che hanno potuto vedere e ascoltare lui e sua moglie in Tv. Lui è il brigadiere Giuseppe Coletta, napoletano verace, uno dei Carabinieri caduti nell’imboscata di Nassiriya. Lei è Margherita, sua moglie, una roccia dietro l’apparente fragilità del fisico minuto. L’hanno ammazzato due giorni prima che tornasse a casa. Prima di partire aveva detto: “Vado in Iraq e quando torno voglio starmene un po’ tranquillo: Voglio dedicarmi alla mia famiglia”. Qualcuno insinua: “Certo, il militare che va in missione prende un sacco di soldi…”: come se il traguardo di una maggiore sicurezza economica per la famiglia fosse un peccato. Nel caso del brigadiere Coletta, la sua famiglia era quella piccola e intensa che lo aspettava a casa, sua moglie e sua figlia di pochi mesi, ed era quell’altra, grande e intensa, che lui e sua moglie avevano scelto come risposta alla morte il primo figlio: 5 anni, leucemia; la grande famiglia dei bambini altrui, quelli colpiti da malattie simili a quella che s’era presa il loro primogenito. Due giorni prima dell’orrendo bagno di sangue, Coletta aveva trascorso l’ennesima mattinata coi bambini dell’ospedale di Nassiriya; e com’era andata l’aveva raccontato nel pomeriggio alla moglie, che aveva trascorso anche lei la mattinata in ospedale con i bambini di un reparto pediatrico. “Vinci il male con il bene!”: Un groppo alla gola. Dopo la strage hanno intervistato lei, che con uno sgomento irrefrenabile negli occhi fermi e gonfi di pianto ha letto il Vangelo del perdono (“Se amate coloro che vi amano, cosa fate di diverso?….”), aggiungendo, con un filo di voce: “Su questa pagina noi avevamo fondato il nostro matrimonio…”Qualche tempo prima avevano intervistato anche lui, con un bambino iracheno in braccio. “Lei ha famiglia?”. L’intervistatore non sapeva che Coletta aveva perso un figlio di cinque anni. Lui stava per rispondere: “Un figlio l’ho perso…”, poi si è corretto: “Un figlio ce l’ho, ma è stato trasformato in un angelo”. Il cuore dell’esperienza religiosa, del tentativo di vedere le cose con gli occhi di Dio, di cogliere le cose ultime dietro le penultime. La strage di Nassiriya ci ha fatto ritrovare la Patria, hanno detto. Ed è vero, ma non è più la patria del nazionalismo e dell’imperialismo, realtà strutturalmente, culturalmente in conflitto con le altre patrie, nella gara feroce per ritagliarsi un posto al sole. È la patria nel “Concerto delle nazioni”. In più, noi cristiani abbiamo incontrato fratelli anonimi e forti come Margherita e Giuseppe Coletta, in uno di quei momenti nei quali il soffio leggero dello Spirito diventa un vento impetuoso che cancella le piccole miserie della vita quotidiana e ti spinge verso l’alto mare.