“La guerra non ha un volto di donna. Siamo tutti prigionieri di una rappresentazione maschile della guerra, che nasce da percezioni prettamente maschili, espresse con parole maschili, nel silenzio delle donne”. Lo dice Svetlana Aleksievič, giornalista, scrittrice e Premio Nobel per la Letteratura 2015. Ha 76 anni, è nata in Bielorussia ed è rifugiata in Germania dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina.
L’intervista è pubblicata su Donne Chiesa Mondo, il mensile de L’Osservatore Romano che dedica il numero di febbraio 2025 a diverse figure femminili che hanno segnato la storia recente e segnano la cronaca di oggi. La lettura delle quaranta pagine lascia intravedere, nel grigiore del tempo, alcune luci che consentono di non smarrirsi e di cogliere segni di speranza che altrove si sono spenti o rimangono flebili.
“Abbiamo vissuto eventi così traumatici – dice Aleksievič – che credo solo l’amore potrà salvarci. Senza amore, non possiamo né tornare indietro, né proiettarci nel futuro. Solo attraverso l’amore per la vita, per l’umanità, possiamo sperare di ricostruire ciò che è stato distrutto e pensare a un domani”.
Sembra fuori dalla realtà e dalla cronaca la parola “amore”, ma scorrendo i racconti di donne raccolti nel mensile, ci si rende conto che fuori dalla storia sono quanti questa parola l’hanno cancellata dal vocabolario, sostituendola con un pragmatismo alimentato dall’egoismo, dal disprezzo del diverso e dalla menzogna.
Nelle pagine scorrono i volti, e quindi le vite, delle mogli e madri di Israele e di Palestina che, insieme alle madri e alle mogli di Ucraina e di Russia, del Sud Sudan e del Congo, si oppongono alle inutili stragi ordinate e compiute da uomini raramente giovani. Si unisce a queste voci quella di Rossella Miccio, presidente di Emergency, che parla di un pacifismo “silenziato, ridicolizzato e criminalizzato dalla politica”, e quella di Houda, monaca siriana, che chiede: “Le donne siano maggiormente coinvolte nei negoziati” per fermare le guerre.
Due narrazioni del passato completano il quadro: l’esercito della carità, ovvero il servizio delle suore infermiere negli ospedali militari dal 1915 al 1918, e il coraggio delle donne nella lotta senza armi nel tempo della Resistenza. Tra queste pagine trovano spazio anche due figure femminili che papa Francesco, superando tradizioni maschiliste anche all’interno delle strutture ecclesiastiche, ha nominato a ruoli apicali in Vaticano: suor Simona Brambilla, prima donna a capo del Dicastero per la vita consacrata, che ha ricordato come “l’autorità spirituale non deve essere vista come potere”, e suor Raffaella Petrini, prima donna presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, che ha parlato di “managerialità umanistica”.
Volti di donne che nelle consuete narrazioni mediatiche sono oscurati da quelli di uomini, perlopiù anziani, non solo per età. Volti che rompono un silenzio imposto e che sono feritoie di speranza nel muro di un disumano pragmatismo politico ed economico.
Paolo Bustaffa