AAA: cercasi ruolo e funzioni per consiglieri regionali

Convegno dei Presidenti dei Consigli regionali a Perugia

Ma cosa fanno i consiglieri regionali, a cosa servono? Se lo sono chiesto tante volte i cittadini, ed ora se lo chiedono con urgenza anche loro, i consiglieri, perché l’elezione diretta “ha spostato poteri enormi verso i presidenti delle Giunte e questo rischia di far apparire agli elettori che la regione è ad una sola sola dimensione: quella dell’esecutivo”. A questo allarme, lanciato giorni fa da Carlo Liviantoni, presidente del Consiglio regionale dell’Umbria, ha risposto la presidente della Giunta, Maria Rita Lorenzetti, che ha cercato di rassicurare l’assemblea umbra ribadendo di rifiutare la “deriva governatorista” delle regioni e la contrapposizione tra il “partito dei presidenti” ed il “partito dei consigli”. Il problema però esiste ed è oggettivo, tant’è che a Perugia i Presidenti dei Consigli regionali si sono riuniti per il secondo dei quattro seminari organizzati insieme al Censis per approfondire i temi legati alle riforme istituzionali ed in particolare come “ridefinire le funzioni di indirizzo e di controllo” delle assemblee regionali. La questione riguarda lo stato attuale dei rapporti tra giunta e consiglio, ma Fiammetta Modena, presidente della Commissione Statuto del Consiglio regionale dell’Umbria, sedeva al tavolo della presidenza perché la questione è di quelle “calde” nella discussione sui nuovi statuti regionali. Fermare il processo di delegittimazione dei Consigli regionali e delle altre assemblee elettive locali è il grido d’allarme lanciato dai Presidenti dei Consigli regionali italiani e delle Province autonome. “Non riusciamo ad esercitare queste funzioni di indirizzo e di controllo – ha ammesso il presidente dell’assemblea, Roberto Louvin, a capo del Consiglio valdostano – perché ci mancano gli strumenti. Vorrei proprio sapere, per esempio, qual è quel Consiglio regionale che è in grado veramente di verificare la correttezza dell’attività amministrativa della giunta. Per fare questo servirebbe una riorganizzazione complessiva della macchina consiliare”. I consigli – è stato ribadito – hanno subito un’apparente decurtazione di ruolo, avendo perso i poteri di legittimazione dell’esecutivo, il controllo diretto sulle strutture amministrative ed il monopolio della produzione normativa. Come recuperare tutto questo? “Le maggioranze ed i loro leader passano, le assemblee ed i cittadini rappresentanti restano” è stato, in sostanza, il messaggio del segretario del Censis, Giuseppe De Rita, il quale ha sollecitato i consigli regionali a rendersi pienamente protagonisti delle riforme in atto recuperando sia la capacità di essere “nuovi interpreti della rappresentanza” sia quella di valorizzare i poteri di indirizzo e controllo che ne sono la prerogativa specifica. De Rita: il controllo politico è verifica dei risultati, non è lavoro da magistratiI politici sono pronti ad accettare le novità di questo “federalismo”?”Rispetto agli anni ’60, quando non c’erano ancora le regioni ma c’era una grande cultura regionalistica, siamo probabilmente andati indietro, nel senso che è diminuita la capacità di interpretare complessivamente la dimensione regionale, la capacità di rappresentare la continuità di una comunità che continua a vivere al di là delle decisioni politiche. La stessa voglia di decisionismo in fondo deriva anche dal fatto che decidere significa non doversi porre troppi problemi con la comunità locale: decido e basta, anche se non ho interpretato fino in fondo. Credo che dal punto di vista della cultura politica c’è ancora molto da fare, dovremo attendere una decina d’anni.”Negli ultimi anni la divisione politica si è registrata anche all’interno dei partiti, sul “campanile”, ovvero sull’appartenenza al territorio”Questo è un aspetto fatale nel momento in cui finiscono le grandi appartenenze. Se uno non si sente più marxista o filo americano alla fine si sente di Assisi o di Bevagna. Cerca la dimensione territoriale più forte perché è la sua identità: non può dire non sono nessuno. Se non sono più classe media né operaio non sono più filo americano né marxista né maoista allora chi sono? lombardo! Questa ricerca spasmodica dell’identità che si attua a livello di piccola realtà locale sarà un elemento di difficoltà per far crescere una rappresentanza collettiva di indirizzo della comunità regionale, però è da lì che bisogna partire. E’ difficile ormai che l’identità venga attribuita dall’alto. Un po’ di ‘condensazione’ dal basso, di comuni vicini che si uniscono per fini economici, ad esempio, comincia ad esserci. Non è pensabile che un impulso dall’alto possa risolvere la frammentazione localistica… non c’è stato con i grandi partiti figuriamoci ora!”Sul fronte del controllo proponete strumenti completamente nuovi. Il cambiamento di mentalità sarà ancor più difficile? “Per noi italiani il controllo è sempre stato da magistrato. Che poi sia Corte dei Conti o Consiglio di Stato o magistrato penale è secondario. Il potere sta nel fatto che controllando puoi mettere sotto processo. Ma il controllo politico non è così, è piuttosto una verifica sull’operato. Verifiche tecniche e non penali o su comportamento illecito delle persone, perché a quello ci pensa il giudice. Il problema è che negli ultimi dieci anni ci ha pensato solo il giudice. Faccio un esempio. Ad una fiera puoi dare soldi e spazio perché serva tutta l’Italia centrale. Dopo un anno si andrà a vedere se è costata troppo, se ha raggiunto gli obiettivi, se il suo livello di performance internazionale è cresciuto e così via. Oggi, invece, si prendono decisioni di spesa senza mai porsi il problema della verifica”. Si va verso il federalismo, ma gli italiani vogliono veramente tanti piccoli Stati al posto delle regioni? “Gli italiani sono un po’ fatalisti. Lo stato nazionale li ha delusi, lo stato sovranazionale, l’Unione Europea, gli mette paura o lo sentono troppo lontano. L’adattarsi ad una realtà più vicina a se stessi è una cosa in fondo pensabile anche perché finora l’attività delle regioni non è stata così cogente da creare risentimenti e rigetti. Se poi arrivasse una legislazione fiscale regionale qualche problema in più ci sarebbe”.

AUTORE: Maria Rita Valli