Scandalo abusi. Due commenti sul tema di p. Zollner e mons. Giulietti

Intervista a padre Zollner, membro della Commissione vaticana contro la pedofilia

“La gente è stata scossa da molte storie di abusi in questi giorni, e molti hanno chiesto pubblicamente al Papa di dire qualcosa, di fare qualcosa”. Padre Hans Zollner spiega così il motivo che ha spinto Francesco a pubblicare una Lettera dove, rivolgendosi direttamente ai cattolici di tutto il mondo, torna a parlare degli “abusi sessuali, di potere e di coscienza” commessi da un numero “notevole di chierici e persone consacrate”. Una Lettera che è stata diffusa pochi giorni dopo il rapporto sugli abusi della chiesa in Pennsylvania e alla vigilia di un importante viaggio che lo ha portato in Irlanda, terra profondamente ferita dalla piaga della pedofilia in ambito religioso.

Padre Zollner è un gesuita tedesco. È membro della Commissione vaticana contro la pedofilia e presidente del Centro protezione dei minori dell’Università Gregoriana . “La lettera – dice – può essere vista come un primo passo per dire qualcosa e l’azione che seguirà. Ma le misure in una situazione così grave devono essere ben ponderate per poter rispondere alla profondità della sfida”.

Perché il Papa questa volta si rivolge direttamente al “popolo di Dio”?
“Rivolgendosi a tutto il popolo di Dio, è importante notare che il Santo Padre non sta dividendo la Chiesa in ‘clero’ e ‘laici’. Denuncia – come tante volte prima – il clericalismo che è secondo la sua analisi una delle radici degli abusi e di una ‘cultura di omertà’ che deve sparire e al posto di essa deve crescere una cultura di attenzione, protezione e di vera umiltà. Non solo a parole, ma con i fatti: perdere prestigio, potere e i loro simboli”.

Abusi e clericalismo. Lei padre Zollner ha seguito molti casi di pedofilia. Ci può spiegare cosa intende il Papa quando punta il dito contro questo binomio? Cosa intende il Papa quando parla di clericalismo e come influisce sull’abuso di potere e fisico?
“Il clericalismo è una mentalità che mette il clero in una ‘classe superiore’, e il Santo Padre sta sottolineando che c’è un solo Corpo di Cristo con molte parti e ruoli da svolgere. Nessun membro del Corpo è al di sopra della legge, della giusta critica, della discussione. Una delle conseguenze di una mentalità da ‘élite speciale’ è l’idea secondo la quale ‘posso permettermi quello che voglio’, e questo ha portato ai crimini più scioccanti, alla (spesso) totale assenza di empatia con le vittime e del senso diresponsabilità da parte di tanti rappresentanti della Chiesa locale”.

Nella Lettera , il Papa chiede un coinvolgimento di tutta la comunità. In quale modo esattamente la comunità può “proteggere” i minori e le persone vulnerabili? Che ruolo possono svolgere i laici e le donne, soprattutto.
“Abbiamo bisogno di raggiungere più persone con un’educazione che consenta loro di agire. Ascoltare attentamente le esperienze delle vittime e dialogare con loro, aiuterà a informarci su come agire in un modo che possa portare verso la strada della guarigione. Molti di coloro che sono coinvolti nel lavoro di ‘Safeguarding’ sono donne e, senza escludere gli uomini, si può dire che quasi tutte le donne hanno naturale inclinazione a proteggere i bambini. Anche quelli con competenze nella società civile, per esempio avvocati, psicologi, e forze dell’ordine, devono essere consultati per la loro esperienza. La Chiesa può collaborare con tante persone di buona volontà. L’abbiamo visto molto bene nel Congresso che il nostro Centre for Child Protection dell’Università Gregoriana ha organizzato lo scorso anno sulla ‘Child Dignity in the Digital World’: tutti sono venuti, da governi a ONG, dalla scienza alla polizia. C’è una condizione: dobbiamo anche noi metterci in gioco. Non possiamo pretendere di avere o sapere tutto”.

L’Irlanda è un Paese ferito da questa piaga. Molti si chiedono: perché è successo? Come mai nei Rapporti i numeri sono così vasti? Mi posso fidare ancora? Lei come risponde?
“Ogni abuso, specialmente se commesso da un chierico, oltre ad essere un gravissimo peccato, è anche un crimine. Ovviamente troppi sacerdoti – tra il 4 e il 6 percento nell’arco di 50 anni (1950-2000) – hanno agito contro il Vangelo e contro le leggi. Dal momento che i vescovi americani hanno preso sul serio la lotta contro questo male, dal 2002, non ci sono quasi più accuse di nuovi casi. Mi preme dire che l’Italia non ha ancora vissuto un tale momento di verità riguardo l’abuso sessuale e lo sfruttamento del potere riguardo il passato. Mi auguro che queste ultime settimane, con tante notizie sconvolgenti, abbiano aperto gli occhi e il cuore anche alla Chiesa italiana e ai suoi responsabili per impegnarsi senza esitazione e in modo consistente in ciò che è una chiamata urgente del Signore a tutto il Popolo di Dio”. (Intervista di M. Chiara Biagioni)

Uno scandalo che investe la Chiesa e la società intera – di mons. Paolo Giulietti

Giulietti
Mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia

Era forse inevitabile che l’attenzione dei media circa la visita del Papa in Irlanda fosse polarizzata sulla questione della pedofilia, anche perché il recente rapporto sugli abusi commessi dal clero in Pennsylvania-USA ha riacceso i riflettori sul tema. Indubbiamente i gravi scandali che hanno colpito la Chiesa irlandese hanno contribuito ai profondi cambiamenti intervenuti nell’isola dall’ultima visita papale, quasi 40 anni fa: drastico calo delle vocazioni e della pratica sacramentale; liberalizzazione nei campi del divorzio, dell’aborto e del matrimonio omosessuale.

Anche i numeri dei partecipanti ai diversi eventi della visita sono eloquenti, ben inferiori a quelli che fece registrare San Giovanni Paolo II nel 1979.

Viene però da domandarsi se tale lettura, offerta dai media al grande pubblico globale, risponda davvero a verità. Innanzitutto, è passata sotto silenzio una grande festa di popolo: centinaia di migliaia di coppie irlandesi con i loro figli sono state rese protagoniste da una Chiesa che ha tenuto a mostrarsi amica delle famiglie e amica dei bambini. Lo spettacolo del Croke Park Stadium, insieme ai professionisti, ha coinvolto oltre 2.000 persone – moltissimi bambini e ragazzi – nei cori e nei balli che hanno animato la serata: un’immagine di serenità e festa che ha ben riflesso ciò che si stava vivendo tra il pubblico, cioè la gioia di essere famiglia nella Chiesa, la grande famiglia dei figli di Dio. Anche le parole semplici ed efficaci del Papa hanno contribuito a evidenziare questo protagonismo, sottolineando in diversi modi che la famiglia “tradizionale” – ma sarebbe più corretto dire “naturale” – è il modo migliore per concretizzare felicemente l’amore umano e crescere i figli.

In stagione di politicamente corretto, però, questo messaggio fa fatica ad essere colto e a essere trasmesso: “non vi sono certezze scientifiche né dati di esperienza”, come recita la recente sentenza della Corte d’Appello di Perugia sul caso del piccolo Joan. Ne giudichi il lettore, semplicemente comparando le immagini del “family pride” irlandese con quelle di altri eventi “pride”… C’è poi da far osservare un sospetto squilibrio; negli stessi giorni in cui il rapporto sul clero della Pennsylvania denunciava che 300 chierici in 70 anni avrebbero commesso abusi, in Inghilterra esplodeva il caso degli abusi da parte degli operatori di alcune ONG: 120 solo nell’ultimo anno. In quegli stessi giorni usciva il libro “Instrumental” del pianista inglese James Rhodes, denunciando i ripetuti abusi subiti a scuola. Negli stessi giorni in Galizia-Spagna, un quotidiano (La Voz de Galiciadenunciava che le aggressioni sessuali ai minori si sono quintuplicate negli ultimi quattro anni, non nelle parrocchie, ma in scuole, palestre, famiglie… Qualcuno ne ha sentito parlare? Non si tratta di invocare il “mal comune, mezzo gaudio”, ma di smascherare l’uso strumentale che spesso viene fatto della vicenda della pedofilia, per screditare radicalmente la Chiesa cattolica e il suo insegnamento in tema di morale sessuale e familiare.

Questo ovviamente non elimina l’esigenza di fare pulizia in casa e di individuare strategie per il futuro, ma certamente rende più consapevoli circa la natura e la portata di un fenomeno che non è prerogativa della Chiesa e dei suoi ministri, ma di una società sempre più corrotta. Le terapie necessarie pertanto, sarebbero assai più radicali delle riforma dei seminari cattolici o dell’abolizione del celibato, come qualcuno prospetta, anche in seno alla Chiesa; occorrerebbe una nuova visione della sessualità e del suo significato per la persona umana e la collettività.

Ma di questo, appunto, nessuno vuol parlare.