Alto per l’Italia il rischio idrogeologico: difendersi si può

Con un'esercitazione all'aereoporto di Foligno si chiude la II Biennale della protezione civile

Si è conclusa con una grande esercitazione sulla pista dell’aeroporto di Foligno la biennale di Protezione civile che si è svolta principalmente all’Umbriafiere di Bastia Umbra con incontri specifici anche ad Assisi, Foligno e Terni. Le prove tecniche di emergenza hanno visto impegnati Canadair, elicotteri dell’esercito, dei vigili del fuoco e del corpo forestale dello stato, squadre antincendio e volontari per complessive 300 persone. Per la simulazione d’incendio sono stati impiegati mille quintali di potatura, 20 quintali di paglia, due quintali di nafta, oltre diecimila litri d’acqua. L’operazione spettacolare – alla presenza di un folto pubblico – è stata la degna conclusione di una manifestazione che si è radicata nel territorio umbro, dopo la devastante azione del terremoto del settembre ’97. Nel corso della prima edizione, nel ’98, il tema era quasi obbligato visto che si era appena usciti dall’emergenza sisma, quest’anno l’attenzione si è indirizzata sul rischio idrogeologico, una problematica scelta ancora prima delle gravi conseguenze delle piene dei fiumi che hanno sconvolto recentemente il nord Italia. Ma la paura di quel terremoto si è mostrata ancora viva nelle domande e nella curiosità dei tanti studenti che si sono affollati intorno agli stand allestiti al centro fieristico. Molto visitato quello dell’Istituto nazionale di geofisica, dove c’erano anche gli strumenti che hanno consentito ai tanti giovani di comprendere cosa succede quando la terra comincia a tremare. La biennale ha proposto una parte espositiva riservata egli enti ed alle istituzioni e coordinata direttamente dall’Agenzia nazionale di Protezione civile. D’altra parte c’era pure una sezione dedicata agli operatori commerciali di settori come antinfortunistica, antincendio, attrezzature per soccorso, veicoli speciali, sistemi di logistica integrata, moduli abitativi, tende da campo, attrezzature sanitarie, protezione individuale. Torniamo al tema di quest’anno: il rischio idrogeologico. E’ stata ricordata l’importanza della memoria storica degli eventi calamitosi perchè costituisce la prima fonte di riferimento per costruire un valido supporto di protezione civile. Il problema è di particolare rilievo in Italia dove da sempre la civiltà combatte con le insidie del territorio. “Questo patrimonio culturale deve essere affrontato e studiato con particolare cura – è stato sottolineato dai relatori – per correggere le distorsioni legate da una parte alla rarefazione dei documenti – che è direttamente proporzionale alla distanza temporale – e dall’altra alla valutazione quantitativa, che deve tener conto delle continue modifiche del territorio”. Proprio nel corso della biennale sono stati diffusi i dati emersi dal censimento Avi (Aree vulnerate italiane). I risultati sono impressionanti e dimostrano quanto lo studio porti a rimarcare la necessità della difesa del territorio italiano. Ammontano infatti a circa 15mila le località italiane colpite dal 1918 ad oggi da eventi catastrofici naturali: oltre 2.600, tra queste, sono state interessate da frane, 2.300 da inondazioni, più di una volta. E almeno 5.497 comuni italiani (pari al 67,8 per cento) sono stati interessati o da movimenti franosi (il 47,6 per cento) o da inondazioni (42,8 per cento). Il 22 per cento dei comuni è stato infine colpito sia da frane, sia da inondazioni. Per 2.605 comuni non sono invece disponibili informazioni da archivio relative a catastrofi idrogeologiche. “Ma dal rischio idrogeologico è possibile difendersi – hanno fatto notare gli esperti – attraverso adeguati sistemi di monitoraggio preparando i cittadini alla percezione dello stesso rischio”. Paradossalmente la fornitura quasi ossessiva di notizie, a più livelli (giornali, televisioni, internet, radio) ha contribuito a rendere la popolazione meno preparata ad affrontare la fase di emergenza. Negli anni ’90 si è riscontrata una tendenza all’aumento delle mortalità, che pone seriamente in prima linea questo fattore di esposizione. La biennale ha rilanciato l’attenzione su ciò che bisogna fare. Occorre però attuare i progetti, a cominciare da quei piani comunali di protezione civile che anche in Umbria stentano a decollare.

AUTORE: Romano Carloni