Il card. Gualtiero Bassetti ha presieduto nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia la solenne liturgia della festa del santo martire Lorenzo. Hanno concelebrato il vescovo emerito mons. Giuseppe Chiaretti e il presidente del Capitolo della cattedrale mons. Fausto Sciurpa.
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All’inizio di questa breve riflessione, in occasione della Festa del titolare della nostra basilica cattedrale, desidero porgere un cordiale e fraterno saluto ai reverendi membri del Capitolo di San Lorenzo, assieme a tutti i sacerdoti di varie parti del mondo, presenti a Perugia per motivi di studio. Un cordiale e deferente saluto anche alle autorità cittadine, alla Corale Laurenziana e a tutti i fedeli presenti.
Il culto di San Lorenzo, diacono e martire della chiesa di Roma, si è diffuso nell’antichità in molte zone d’Italia e d’Europa. Esso è divenuto nel tempo icona viva della carità cristiana, praticata in modo eroico, fino al dono totale di se stessi e della propria vita. A lui ben si addicono le parole del salmo, ricordate anche da san Paolo: «Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno».
Nell’Anno del Giubileo straordinario della misericordia, san Lorenzo ci ricorda che la carità è manifestazione della misericordia. Se il cuore è pieno di grazia esso è anche aperto all’aiuto del prossimo. Se una Chiesa vive nell’amore del Signore, essa è attenta e sollecita alle sofferenze dei fratelli. La presenza di Gesù in mezzo ad una comunità è tanto più visibile quanto più essa risplende nell’aiuto a quanti soffrono per la malattia, la solitudine e la povertà. Tutti noi, sull’esempio di Lorenzo siamo chiamati a nutrire nel cuore sentimenti di misericordia e a vivere la carità con l’impegno di tutta la vita, come ci ha ammonito il Vangelo di Giovanni: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Solo consumati dall’amore del Signore, possiamo portare quel frutto che fa crescere il Regno di Dio e guadagnarci la vita eterna.
Mossa dall’insegnamento del Vangelo e dall’esempio del patrono san Lorenzo, la Chiesa perusino-pievese, in questi ultimi tempi, travagliati dalla crisi economica, ha voluto esser presente in mezzo a tante realtà di sofferenza e umiliazione per portare una parola di speranza e un segno concreto di aiuto. Con le collette annuali del Fondo di Solidarietà si sono potute aiutare tante famiglie nel bisogno, con l’apertura dei quattro Empori della Solidarietà si sono create le condizioni perché a nessuno manchi mai il cibo per la propria famiglia, con l’accoglienza dei profughi si è voluto dar seguito alle parole di Gesù: “Ero forestiero e mi avete accolto”. A tal proposito desidero ringraziare la Caritas e tutti coloro che esercitano un volontariato attivo nei confronti del prossimo.
Accanto al nutrimento materiale però non dobbiamo mai far mancare il quello dello spirito, fatto di vicinanza solidale, di comprensione, affetto e amore disinteressato. La crisi economica, se ha gettato molte realtà familiari (e soprattutto molti giovani) nel panico di una vita insicura, senza prospettive per l’avvenire, ha anche accresciuto in molti quell’apatia per la vita e per le relazioni umane, spesso sfociata in casi di efferata violenza, di soprusi familiari e di devastazione dell’esistenza, bruciata alla ricerca dell’evasione possibile, procurata dalla droga o da altri vizi distruttori, come l’alcool e il gioco d’azzardo patologico, che stanno devastando migliaia di persone e altrettante famiglie. Negli ultimi mesi, nella nostra città, abbiamo assistito, con sentimenti di impotenza, di rammarico e di dolore, alla morte per overdose di 16 persone: quasi due morti al mese, e quasi tutti giovani.
Cosa si nasconde dietro queste tragiche morti, spesso in giovane età? Problemi economici, familiari, relazionali? Senza dubbio dietro queste morti c’è soprattutto il non senso della vita, quella noia esistenziale che tutto riduce a grigiore indistinto, ove non si trova più la forza per reagire con sussulti di fiducia e di speranza, c’è la perdita inesorabile di quel sano e salutare umanesimo cristiano, che per secoli è stato a fondamento dei valori e della dignità umana.
La comunità cristiana e anche quella civile non possono non interrogarsi su questi fenomeni devastanti che, forse, non sono che la punta di un iceberg ben più vasto, fatto di tanti malesseri sovrapposti, che la società odierna, con tutta la sua seducente tecnologia, non riesce a debellare, anzi, quasi ne genera essa stessa sempre di nuovi.
La carità oggi deve dunque assumere forme nuove: all’aiuto per il cibo e la casa è essenziale poter trovare le modalità necessarie per farsi incontro ai fratelli che non trovano un senso alla vita, che non trovano più il coraggio di andare avanti e si fermano sul bordo della strada. Cosa possiamo offrire a questi fratelli? Il nostro dono si chiama Gesù e la gioia del Vangelo può riempire “il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Lui. Conoscere il Signore può cambiare l’esistenza di tante persone; sanare molte sofferenze; portare speranza anche nei cuori refrattari ad ogni sollecitazione umana. Quello che possiamo donare non è tanto l’oro e l’argento (come disse l’apostolo Pietro al paralitico dinanzi alla Porta Bella del Tempio di Gerusalemme), quanto la fede in Gesù, e nel suo grande amore per tutti gli uomini, che deve essere anche il nostro amore.
Papa Francesco parlando ai giovani di tutto il mondo, radunati a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù, ha voluto ricordare a tutti che: “un cuore misericordioso sa andare incontro agli altri, riesce ad abbracciare tutti. Un cuore misericordioso sa essere un rifugio per chi non ha mai avuto una casa o l’ha perduta, sa creare un ambiente di casa e di famiglia per chi ha dovuto emigrare, è capace di tenerezza e di compassione. Un cuore misericordioso sa condividere il pane con chi ha fame, un cuore misericordioso si apre per ricevere il profugo e il migrante… Quando il cuore è aperto e capace di sognare c’è posto per la misericordia, c’è posto per carezzare quelli che soffrono, c’è posto per mettersi accanto a quelli che non hanno pace nel cuore o mancano del necessario per vivere, o mancano della cosa più bella: la fede”. Il dono della fede è il più bel gesto di carità che possiamo offrire al mondo di oggi, immerso nelle brame del godimento effimero e nelle onde di quel mare di dubbi che tutto diluisce e degrada.
E’ la fede che spinge a sognare, ad agire per un mondo migliore; è la fede che può spingere ciascuno di noi a donare se stesso per amore del prossimo. E’ la fede che ha mosso san Lorenzo nei suoi passi sulla via della carità ed è sempre la fede che lo ha sostenuto nell’ora tragica del martirio, divorato fisicamente dalle fiamme, simbolo di quell’amore che portava nel cuore. San Leone Magno, parlando del martirio di san Lorenzo dice che le fiamme esteriori non erano però paragonabili al fuoco dello spirito che ardeva nel cuore del martire
Il santo patrono Lorenzo aiuti noi ad amare i poveri, la Chiesa e l’Eucaristia come lui ha saputo testimoniare con sua vita. Amen!