Basta con questo odio!

Mondo. “Cessate il fuoco” sulla Striscia di Gaza. Le testimonianze della comunità cristiana
Una famiglia al riparo in un rifugio. Nitzan, Israele (Uriel Sinai/Getty Images)

Sarà la volta buona? Mercoledì 21 novembre è stato raggiunto un accordo per il “cessate il fuoco” tra Israele e Hamas nell’area della Striscia di Gaza. La tregua è entrata in vigore alle ore 20 (ora italiana). I punti salienti dell’intesa riguardano lo stop di tutte le ostilità da entrambe le parti, stop agli “omicidi mirati” israeliani e apertura dei varchi della Striscia di Gaza per facilitare il passaggio delle persone. ll premier israeliano Netanyahu ha dichiarato che Israele e Stati Uniti coopereranno nella lotta contro il traffico di armi attraverso il Sinai; armi “che provengono per lo più dall’Iran”. L’Egitto ha confermato il suo sostegno “duraturo alla giusta causa palestinese” e ha fatto appello a tutte le parti perché rispettino l’accordo.

Ma la tensione è stata tanta, e – come purtroppo noto – le tregue spesso non hanno vita lunga in quell’area. Da Gaza sono giunte testimonianze dirette su come i civili abbiano vissuto i giorni, publicate sul sito dell’agenzia Sir (www.agensir.it).

Padre Faysal Hijazen, direttore generale delle scuole del Patriarcato latino di Gerusalemme, nei giorni precedenti la tregua aveva denunciato: “Soffriamo con i nostri bambini di Gaza e i loro genitori privati della libertà, della sicurezza e della dignità. Non dormono più a causa dei bombardamenti”. Tutti gridano ai rispettivi dirigenti: “Fateci vivere la nostra infanzia, vogliamo giocare, studiare e vivere! Liberateci dal vostro odio, rancore, dalla vostra guerra e occupazione!”. Dal direttore, anche un appello al mondo della scuola e degli insegnanti: “Lavoriamo alla realizzazione del rispetto della dignità umana, riconosciamo i valori e i diritti dell’infanzia, educhiamo i bambini alla pace e alla giustizia difendendo i loro diritti e riconoscendo quegli degli altri. Possa ogni bambino in Terra Santa vivere in libertà e giustizia”.

“Per la vostra sicurezza vi invitiamo ad evacuare immediatamente le vostre case e a dirigervi verso il centro della città” era il testo, in arabo, dei volantini lanciati da Israele su Gaza, nei quali si ordinava lo sgombero alla popolazione delle località alla frontiera con Gaza, come Shujaia, Shaikh Ajlin, Bet Lahia, Bet Hanun e Tel Alhawa. A raccontarlo è padre Jorge Hernández, parroco della Striscia, in una testimonianza rilanciata dal Patriarcato latino di Gerusalemme. “La gente – dice – non sa dove andare. Si vedono passare con coperte in mano, qualche borsa, qualcosa da mangiare, con i loro bambini aggrappati al petto, fuggendo disperati. Non c’è un luogo destinato al rifugio dei civili”.

“Quello che mi ha colpito in questi giorni – ha raccontato F.S., italiana che da circa 10 anni vive in un Focolare della Terra Santa, una dei cooperanti rimasti bloccati a Gaza e portati in salvo domenica scorsa – è il fatto che nessuno urla: non ho mai sentito un urlo di paura. Perché la paura è così forte, che ti agghiaccia e non riesci a reagire, a emettere suoni. Dopo un periodo di silenzio, cerchi di riparlare e muoverti normalmente. Ma all’inizio senti dentro il ghiaccio. Dopo il rombo fortissimo della bomba, ti guardi attorno, ti accerti se sei ancora vivo, se è crollato qualcosa. E poi reagisci”.

Nei giorni in cui erano più intensi i bombardamenti e le vittime a Gaza, la Tavola della pace aveva lanciato un appello per chiedere all’Italia e all’Europa di farla finita con i silenzi e l’inerzia. Per la Tavola della pace “è arrivato il momento di andare alla radice del problema: mettere fine all’occupazione militare e risolvere il conflitto tra questi due popoli”.

Mons. Bassetti: la pace non è impossibile

“A sette giorni dal nostro rientro dalla Terra Santa, ci preoccupano le notizie che giungono dai luoghi da noi visitati durante il nostro pellegrinaggio, vissuto con immensa gioia nel percorrere le tappe più significative della vita di Gesù Cristo fino ad arrivare a Gerusalemme, la Città santa per ebrei, cristiani ed musulmani, dove abbiamo potuto cogliere ‘segni” della volontà di molti a voler vivere in pace. La pace in Medio Oriente non è impossibile, perché forte è il sentimento che accomuna tanti cristiani, ebrei e musulmani ad emarginare coloro che fomentano l’odio. Ma l’escalation della violenza di questi ultimi giorni ancora una volta rischia di vanificare il precario processo di pace in corso da anni tra israeliani e palestinesi. La presenza di milioni di pellegrini che giungono ogni anno in Terra Santa contribuisce non poco a questo processo, e noi dall’Umbria, terra di pace, abbiamo voluto portare il nostro contributo, oltre a vivere l’esperienza del pellegrinaggio come occasione per rigenerarsi alle sorgenti della nostra fede cristiana a inizio Anno della fede, che è speranza e carità, quindi giustizia e pace”. A dirlo era stato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Ceu, mons. Gualtiero Bassetti, nel commentare quanto stava accadendo in Medio Oriente, dove si era recato in pellegrinaggio dal 3 al 10 novembre insieme ad un folto gruppo di pellegrini (circa 200) provenienti un po’ da tutta l’Umbria. “Dalla nostra Umbria, la terra di Francesco d’Assisi che nel 1220 andò pellegrino in Terra Santa per dialogare con il Sultano – aggiunge mons. Bassetti –, vogliamo far giungere il nostro forte appello alla pace e condividere la speranza con chi si prodiga molto a costruire un futuro di pace in una terra così tanto martoriata, le cui vittime sono soprattutto tra la popolazione civile, spesso donne e bambini”.