di Francesco Bonini
Fatte le liste, comincia la campagna elettorale. Con due premesse. Una istituzionale, cui ha dato voce il presidente Mattarella, esortando alla partecipazione, come peraltro ha fatto anche il Presidente della Cei. L’altra, tecnica: c’è un nuovo sistema elettorale, e non si può sapere fino in fondo che effetto farà. Per di più, in Lombardia e nel Lazio si voterà anche per le regionali, con un altro sistema ancora.
Perché – ed è il dato strutturale – c’è molta incertezza. In questo senso la campagna elettorale è importante, perché dovrebbe fare chiarezza sulle forze politiche, ma anche sulle poste in gioco, anche per motivare al voto.
Già. La percentuale dei votanti è in calo costante. Ma al referendum costituzionale la tendenza si è clamorosamente invertita. Significa che gli elettori italiani, che tradizionalmente sono molto saggi e ponderati, sanno distinguere. E che l’astensione/sanzione è da molti accarezzata come un’alternativa. Peccato che astenersi significa semplicemente dare mandato ad altri. E aggravare un senso di vuoto.
Qui conviene approfondire il discorso. Perché ci troviamo in sostanza a un bivio, che è in realtà è anche un paradosso.
Da un lato una campagna giocata tutta con i parametri del marketing, consuma i protagonisti, rende subito vecchio anche il nuovo conclamato. Una politica-mercato, agenzia di collocamento, allontana i “clienti”. Che vogliono invece essere trattati da cittadini, sennò non si prendono neppure la briga di andare a votare. Dunque ecco la necessità di realismo sulle cose da fare, che non è neppure il caso di ricordare, tanto sono evidenti. Abbiamo bisogno di buon governo, e in questo senso un sistema in fin dei conti proporzionale, che non preveda “uomini della provvidenza”, leader piccoli o grandi, può vincolare alla concretezza e mettere ciascuno di fronte alle cose.
E qui c’è il secondo punto del paradosso e del bivio. Perché c’è una nuova domanda di politica, una nuova consapevolezza dei grandi problemi, cioè dello stato della democrazia, messa in causa dal disastro educativo e dalla deriva del consumo e dello scarto. È una nuova domanda, timida e intermittente, che reclama un vero cambiamento.
È quello che Papa Francesco ripete quando parla della Politica con la “p” maiuscola, e con quella minuscola. Che sono necessarie entrambe. Così se è molto importante partecipare al voto, questo appello non è semplicemente retorico, ma diventa realistico se sotto c’è qualcosa, se ci sono spazi ulteriori di partecipazione e di profondità di idee.
È un problema italiano, ma anche europeo, il futuro della democrazia.
I fatti di Macerata, che hanno coinciso con l’apertura della campagna elettorale, sono un precipitato di tutti i peggiori fantasmi. Tutti hanno usato la parola “responsabilità”. Bene, ma solo se fa rima con coerenza. Così potremmo essere fiduciosi che si possa riprendere il filo della politica buona, di cui abbiamo drammaticamente bisogno e per cui i cattolici italiani non devono stancarsi di dire la loro.