Da Roma vengono segnali di speranza. Il Concistoro, l’enciclica Spe salvi, i richiami settimanali del Pontefice, le masse che si accalcano in piazza San Pietro. Segnali che rispondono ad un’attesa, ad un desiderio di affrontare il futuro con l’energia interiore necessaria, in contrasto con le scene di disordine, violenza e sopraffazione che dominano le cronache quotidiane.Il Concistoro, convocato da Benedetto XVI (vedi art. p. 9), ha dato la misura del radicamento della Chiesa cattolica nelle popolazioni del mondo, ed in più ha messo a tema quest’anno l’ecumenismo, trattato dal card. Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unione dei cristiani, fatto oggetto di ampia discussione. Questo fatto ha mostrato il volto di una Chiesa cattolica romana che guarda al di fuori di sé; una comunità ‘estroversa’, non appagata e compiacente di se stessa, non rivendicativa dei suoi diritti e tanto meno in cerca di privilegi, ma attenta a quanto avviene nelle altre Chiese e comunità cristiane, e nel mondo, osservando tutto con occhio sereno e vigile, coltivando semi di speranza per un futuro migliore per tutti. Per i cristiani un cammino più spedito verso la riconciliazione, per il mondo l’avvento di un tempo di pace. L’interesse per l’unità della Chiesa da parte del Papa e dei suoi più prossimi collaboratori rappresenta un modello esemplare di cui, in questo tempo, c’è grande necessità per evitare il rischio di ripiegarsi su se stessi che corrono le comunità cristiane, i movimenti ecclesiali. Preoccupati di affermare la propria identità in modo da essere più convincenti ed efficaci nel proporre il proprio messaggio in un mondo pluralistico e confuso, è facile che cedano alla tentazione dell’autoreferenzialità. Questo pericolo oggi si presenta a seguito dell’incalzare dell’islam, e della sfida delle religioni asiatiche e di nuove sette e movimenti religiosi e con l’acuirsi dei toni anticlericali e del clima secolaristico sempre più pronunciato negli ambiti culturali ed etici. Si rischia così di divenire duri, intransigenti e di passare dallo stile cristiano proposto da Pietro ad essere intransigenti sostenitori dei propri punti di vista, privi di comprensione e di disponibilità al dialogo, simili a talebani occidentali. Pietro, a proposito, ha detto: ‘Siate sempre pronti a dare ragione della speranza che è in voi, e fatelo con gentilezza e rispetto. (1Pt 3,15). Lo stile di Roma ci sembra a questo proposito in linea (come potrebbe essere altrimenti?), mentre talvolta accade che i linguaggi di taluni cristiani sembrino piuttosto diversi e lontani.Kasper nel discorso ai cardinali (vedi Osservatore romano del 14 scorso) indica con realismo le difficoltà e le prospettive positive che si aprono alle Chiese perché possano essere, insieme e con voce unanime, annunciatrici di speranza per il mondo, soprattutto per le giovani generazioni. Chi ha a cuore le sorti dell’umanità, anziché mettersi di traverso sul cammino della fede e della Chiesa (vedi l’opinione di Carlo Giacchè a p. 2), ne diventi collaboratore per il sostegno del bene comune, della giustizia e della pace e per l’armonia della convivenza civile. È un augurio all’inizio del periodo che ci prepara al Natale.
Da Roma segnali di speranza
AUTORE:
Elio Bromuri