Democrazie “minate”

di Stefano De Martis

“Una tragedia che si è abbattuta con violenza, non su un solo Paese ma sull’intera Europa, mettendo in pericolo pace e libertà. Non riguarda un Paese lontano. Quanto è avvenuto riguarda direttamente ciascuno di noi”. Così Sergio Mattarella si è espresso sull’invasione russa dell’Ucraina, nel breve ma intenso discorso pronunciato a Norcia, luogo simbolo di distruzione e di ricostruzione, ma anche di appello alle radici profonde del Continente, grazie alla figura di san Benedetto.

Sono tornate alla mente ancora una volta le parole del discorso del giuramento: “La sfida a livello mondiale per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti”, aveva detto in quell’occasione il Capo dello Stato. Che il richiamo a quella sfida non fosse un’elucubrazione astratta o una trovata retorica, ma la visione lucida di una realtà tremendamente concreta lo ha dimostrato, purtroppo, la vicenda ucraina. La grande sfida per la democrazia è la partita che si sta giocando a livello mondiale e che l’aggressione di Putin ha reso evidente in termini drammatici, con il suo carico di violenze e di morti.

Le democrazie appaiono fragili sulla scena internazionale, dopo una fase in cui è stato possibile coltivare l’illusione che partecipazione popolare e Stato di diritto fossero destinati a diventare il modello prevalente. Oggi, invece, “i regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici”, ha ammonito Mattarella.

Nelle analisi geopolitiche che si moltiplicano in questi giorni c’è un elemento che forse non viene sufficientemente messo in evidenza: un fattore decisivo di fragilità è dato dalla presenza, all’interno degli stessi Paesi democratici, di pulsioni populiste e sovraniste che non si esprimono più soltanto attraverso gruppi marginali ma condizionano gli stessi assetti parlamentari e di governo. Il caso più clamoroso è quello degli Usa, la cui democrazia è stata gravemente ferita dall’assalto a Capitol Hill e dal tentativo di sovvertire il risultato elettorale. Non a caso l’ex presidente Trump ha avuto parole di elogio per Putin anche dopo l’aggressione militare a Kiev. Ma pure in casa nostra l’autocrate russo ha goduto del sostegno di importanti leader politici, circostanza da cui derivano molte delle incertezze e ambiguità che non sono mancate neppure dopo l’invasione.

Come non si può fare a meno di notare l’inquietante sussistenza di ampie zone di sovrapposizione tra ambienti filo-putiniani e sostenitori di tesi anti-europeiste e persino no vax. Si è arrivati addirittura a parlare di “dittatura sanitaria” per avversare la campagna contro il Covid, e abbiamo poi avuto modo di vedere di che cosa siano capaci le vere dittature… L’autocritica e il chiarimento di posizioni sono sempre benvenuti e auspicabili, se reali e non strumentali. Ma bisogna fare presto, non è questo il tempo di manovre diversive o dilatorie.