di Oliviero Forti*
Cosa rimarrà del caso Diciotti? A poche ore dalla sua conclusione la domanda appare legittima e necessaria nella misura in cui una vicenda ordinaria si è trasformata repentinamente in un caso internazionale. La cronaca dei fatti è nota a tutti: da un lato il governo italiano si mostra reticente ad autorizzare lo sbarco di migranti da una nave della Guardia Costiera, dall’altro l’Europa per l’ennesima volta si rifiuta di affrontare il tema in chiave condivisa; infine la Chiesa italiana sblocca la situazione facendosi carico dell’accoglienza. Insomma, nell’arco di una settimana abbiamo assistito ad un’anomalia tutta italiana, figlia di un clima politico e sociale che negli ultimi anni ha visto un crescendo di ostilità, anche istituzionale, verso i migranti.
Era il 2017 quando il precedente esecutivo aveva intrapreso un percorso molto rischioso, siglando prima un accordo con la Libia volto a fermare i flussi verso l’Italia ed escludendo, poi, le organizzazioni non governative dalle operazioni di ricerca e soccorso in mare. In assoluta continuità, l’attuale governo ha alzato la posta arrivando addirittura a bloccare le attività di una nave militare italiana, forzando le procedure e la legge in un modo assolutamente inconsueto. Evidentemente questa anomalia non poteva sfuggire alla magistratura che ha aperto un fascicolo a carico di rappresentanti del governo.
Ciò a cui si è assistito è, senza dubbio, preoccupante e non può lasciare nessuno indifferente. Siamo di fronte ad una crisi umanitaria e di valori nella quale pezzi delle istituzioni non riescono più a dialogare né tra di loro, né tantomeno con la società civile, nemmeno quando si tratta di vere e proprie emergenze. Il tutto, poi, viene aggravato da un utilizzo sconsiderato delle cosiddette fake news che hanno l’effetto immediato di polarizzare le posizioni dell’opinione pubblica, sottraendola alla fatica di approfondire una qualsivoglia notizia. Il risultato è che i profughi eritrei presenti sulla Diciotti sono stati sbrigativamente liquidati come migranti economici, quando è di patrimonio comune il fatto che si tratti di persone che fuggono da un regime che li perseguita e quindi hanno diritto alla protezione umanitaria.
Anche gli attacchi ricevuti dalla Chiesa all’indomani del suo intervento volto a sbloccare il caso Diciotti, con la messa a disposizione di posti d’accoglienza a proprie spese, è sintomatico di quanto stia accadendo nel nostro Paese. Le reazioni a tale apertura, in diversi casi, sono state feroci nonostante lo sforzo per risolvere una impasse tutta istituzionale. Come a dire che non bastano più gesti concreti di solidarietà neanche verso chi, per molto tempo, ha accusato il terzo settore di fare business con l’accoglienza. Ad ogni modo, in molti hanno deciso di tirare dritto nella convinzione che la solidarietà sia un valore sempre e comunque.
Non deve stupire, quindi, che oltre 40 diocesi all’indomani dello sbarco dalla Diciotti siano scese in campo per accogliere 100 persone diventate in pochi giorni, loro malgrado, il simbolo di un paese disorientato, in cerca di un’identità perduta.
*Responsabile area Migrazione di Caritas Italiana