Dossier immigrazione 2019. La verità sui numeri dell’immigrazione

Davvero gli immigrati portano anche benefici economici per il nostro Paese? Secondo i dati raccolti nel Dossier statistico immigrazione 2019 curato dal Centro studi e ricerche Idos è proprio così. “L’immigrazione è un fenomeno che va sicuramente governato, ma dobbiamo saper cogliere anche i molti benefici che la multiculturalità può portare ai nostri territori, anche in termini di ricchezza economica”.

I vantaggi economici dell’immigrazione

Lo ha sottolineato Eleonora Bigi, responsabile della Sezione immigrazione della Regione Umbria, nel presentare il Dossier all’Umbria giovedì scorso. Sebbene inseriti nel mercato occupazionale in condizioni di svantaggio (professioni non qualificate, lavori più precari, sovraistruiti per il 34,4%), ai lavoratori immigrati è infatti ascrivibile il 9% del Pil nazionale, pari ad un valore aggiunto di 139 miliardi di euro annui, secondo i dati della Fondazione Leone Moressa raccolti da Idos.

Inoltre, anche nel 2018 il saldo nazionale tra entrate e uscite complessive è risultato positivo per lo Stato italiano di 200.000 euro nell’ipotesi minima, considerando quanto gli immigrati assicurano all’erario in pagamento di tasse, contributi previdenziali, pratiche di rilascio e rinnovo dei permessi.

Ma qual è il numero esatto degli stranieri nel nostro territorio?

Il dato fornito dal Dossier per il 2018 su base Eurostat e Istat è di 5.255.503, pari all’8,7% della popolazione totale residente in Italia. L’Italia non è il primo Paese per numero di residenti stranieri ma il terzo, dopo la Germania (9,7 milioni) e il Regno Unito (6,3 milioni). Allo stesso modo, anche l’Umbria non è la prima regione per presenze straniere, ma è la quinta dopo Emilia Romagna, Lombardia, Lazio e Toscana.

I residenti stranieri in Umbria sono 97.541, in calo continuo dal 2014, quando erano 99.922. Dei 97.541 stranieri residenti in Umbria, 61.308 sono originari di Paesi dell’Europa, 34.643 sono cittadini Ue. Da dove provengono nello specifico? Il primo Paese è la Romania (26.509), seguono Albania (13.093), Marocco (9.590) e Ucraina (4.980).

Numeri in calo. Quanto c’entrano i Decreti sicurezza?

Il lieve calo dei residenti stranieri non è dovuto solo, come si potrebbe pensare, ad un calo degli arrivi, ma più che altro al processo di stabilizzazione dei nuovi cittadini, molti dei quali dopo anni in Italia, acquisiscono la cittadinanza. A questo proposito però entrano in gioco i due Decreti sicurezza emanati quest’anno dal precedente Governo Lega-5Stelle che hanno colpito sia gli immigrati già presenti che quellidiretti in Italia.

Sono cambiate infatti le norme che regolamentavano la concessione di permessi e cittadinanza e, se è vero che sono calati gli arrivi quest’anno (da 119.310 casi nel 2017 a 23.370 nel 2018, fino ad arrivare a 7.710 nei primi mesi del 2019), è anche vero che il calo era già iniziato già nel 2017 prima dei Decreti sicurezza, a seguito degli accordi con la Libia. Inoltre questo crollo degli arrivi via mare è stato spesso pagato in termini di vite umane.

Meno sbarchi corrispondono a meno morti, come dice la propaganda?

Non proprio. L’Organizzazione internazionale delle migrazioni cui il Dossier fa riferimento riporta che nel 2017 i morti erano 2.800, mentre nel 2018 sono scesi a 1.314. Ma se nel 2017 ne moriva 1 ogni 50 in rapporto a quanti partivano, nel 2018 il tasso è salito a 1 morto ogni 35 di quelli che hanno tentato la traversata.

“I miliziani libici con cui abbiamo fatto l’accordo e a cui mandiamo le navi che respingiamo sono gli stessi che torturano le persone nei centri di detenzione. I governanti di ieri e di oggi lo sanno e questa è una violazione di tutte le norme umanitarie”. Ha detto commentando i dati Giuseppe Casucci, del Dipartimento nazionale politiche migratorie Uil.

Cosa succede nei singoli Comuni dopo i Decreti sicurezza

“Ma soprattutto il Decreto sicurezza ha colpito chi già era in Italia e ha prodotto l’impossibilità per questa gente di avere un conto corrente, di poter accedere ai servizi pubblici, di poter partecipare a corsi di formazione e in poche parole di integrarsi. Per non parlare della domanda di cittadinanza, con termini di attesa passati da 2 anni a 4”.

“Cosa accade dopo i Decreti Salvini e perché come Anci abbiamo puntato molto sul sistema degli Sprar (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati)? Perchè il sistema Sprar era governato dalle città e non subìto”. Ad affermarlo è Silvio Ranieri , di Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) Umbria.

In Umbria sono 14 i Comuni che hanno uno Sprar. “Lo Sprar non affrontava solo il problema di dove collocare gli immigrati, ma anche di come collocarli e integrarli”. Ora invece, dopo il Decreto sicurezza, gli Sprar sono riservati solo ai minori non accompagnati. “Ancora non si vedono gli effetti, ma l’anno prossimo, alla scadenza di tutti i progetti Sprar come erano una volta, ci ritroveremo molte persone in giro per le città”.

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Valentina Russo