Dove si impara l’arte

Il posto che nella storia della Chiesa è stato riconosciuto ai poveri è sempre di grande rilevanza. Fino a costituire – secondo l’opinione di più di uno storico – “l’aspetto cruciale delle relazioni Chiesa/mondo”. Nei secoli le soglie economiche e psicologiche della povertà sono continuamente variate, il concetto di “povertà” s’è via via incarnato nelle categorie ideali e operative che l’evoluzione socio/culturale andava privilegiando, ma il rapporto di Gesù con i poveri è sempre stato uno dei punti discriminanti per valutare l’autenticità della “sequela Christ”.I poveri: uno dei luoghi dove il cristiano, per così dire, “impara l’arte”. Magari per spenderla poi altrove, ma la scuola è lì. È successo a don Bosco. Giovane prete, rischiava la disoccupazione come tutti: nella Torino della prima metà dell’800 i preti erano 1 ogni 100 abitanti (ma c’è chi sostiene, carte alla mano, che fossero 1 ogni 22 anime!). Il futuro Santo si trovò a vagliare, con accanto mamma Margherita, le diverse “offerte di lavoro”: istitutore privato, una nobile famiglia genovese che offre mille lire l’anno, più vitto e alloggio; cappellano a 500 metri da casa stipendio doppio; viceparroco nella sua Castelnuovo: qualcosina di più. La calcolatrice in mano non ce l’aveva, ma qualcosa in quei calcoli del figlio non quadrò a mamma Margherita. Secca come sanno esserlo le mamme che amano davvero: “Fai tu, ma se diventerai ricco io non metterò piede a casa tua”. Poi entrò in scena don Giuseppe Cafasso: “Butta a mare tutte le offerte e vieni a Torino a imparare come si fa il prete”. Perché imparasse come si fa il prete il Cafasso portò don Bosco nelle carceri di Torino. Nella più tetra e umida delle quattro carceri di Tornio, quella alloggiata nei sotterranei del Regio Senato, piena di insetti e di giovani “delinquenti” che avevano avuto il torto di non trovarsi nessuno accanto nell’età più critica della loro vita. Quella fu la scuola di don Bosco, l’incubatrice del suo progetto educativo. La scuola di tutti i cristiani autentici. Dei preti soprattutto. La scuola dei poveri. A scuola dai poveri. Poi magari uno fa una cosa diversa…: – che so io? – accetta il rischio di perdere la propria anima nel tepore di un ufficio curiale. Tutto può andare bene. Ma l’arte s’impara lì. Senza quella scuola nessun cristiano, e a maggior ragione prete, andrà lontano.