di Daris Giancarlini
Dedico questo breve racconto a tutti i ragazzi che da qualche giorno sono tornati sui banchi di scuola. Elio, classe 1924, nel 1935 doveva tornare a scuola per completare le elementari. Un bambino fortunato, a quei tempi, a essere arrivato alla quinta: molti suoi coetanei si fermavano prima, perché c’era bisogno di due braccia in più in famiglia. Anche la sua famiglia, non è che navigasse nel benessere, e lui, Elio, avrebbe voluto dare una mano. Ma suo padre Attilio, nato nel 1885, con già sulle spalle una guerra mondiale e il lavoro alla bonifica dell’Agro pontino, era egli stesso un ‘privilegiato’, avendo anche lui completato le elementari. Per lui, anche suo figlio avrebbe dovuto fare lo stesso, perché quel titolo di studio lo aveva aiutato sia in trincea sia nel resto delle circostanze della vita.
Elio, nel tentativo estremo di non andare a scuola, gioca una carta che ritiene decisiva: “Papà, ma io non ho le scarpe…”. Suo padre non si commuove, prende le scarpe della sorella di Elio, con un piccolo tacco, e le infila ai piedi del suo ragazzo. Che piange, lacrime a fiotti, per tutto il percorso da casa a scuola.
Anni e anni dopo, Elio riconosce che a quel babbo così duro in quella evenienza deve solo dire grazie. Perché obbligandolo a studiare, lo aveva reso più libero. Elio era mio padre.