Espressioni volgari e blasfeme degradano le gare sportive

Alcuni giocatori, allenatori e dirigenti danno cattivo esempio

Esasperazione, rabbia, sfoghi, imprecazioni, stizza, proteste, veleni, violenza o istigazione ad essa, gesti provocatori e alla fine… bestemmie. O forse all’inizio, perché a volte – purtroppo sempre più spesso – è molto più facile scaricarsi insultando Dio, la Madonna e chissà quali Santi piuttosto che accettare, tenersi tutto dentro o spiegarsi con il dialogo. Nello sport come nella vita il campionario della “perdita della pazienza”, se preferite del lume della ragione, è vasto. Un po’ perché basta un niente per far scoccare la scintilla, molto perché c’è un sub-strato di maleducazione, mista a superficialità, che quando di mezzo si mette l’agonismo viene a galla con assoluta facilità. Le domeniche del pallone per esempio, ma anche i mercoledì e tutti gli altri giorni dell’overdose calcistica, parlano chiaro. Con i protagonisti dei sogni dei ragazzini, delle chiacchiere dei tifosi di ogni età e della sete di guadagno di scommettitori e manager di vario titolo, che sempre più diventano attori di bassa lega, di un teatro (già minato da interessi economici e corsa al potere) che per fortuna alla maggioranza piace sempre di meno. Un teatro, forse sarebbe meglio dire un circo, reso visibile in tutte le sue sfaccettature e quindi in tutta la sua gravità soprattutto grazie alle telecamere che ormai mettono a nudo qualsiasi espressione di chi va in campo o se ne sta in maniera più o meno agitata in panchina. Da anni autori e conduttori del fortunato programma “Mai dire gol” mandano al “rallenty”, con tanto di quiz, mimica di mani e bocca dopo determinati episodi di giocatori e allenatori dalla serie A in giù. Sui campi dilettantistici, poi, dove c’è poco pubblico e gli “stadi” hanno quattro gradoni attaccati al rettangolo verde, non c’è invece nemmeno bisogno della tv: basta saper ascoltare… Lungi dal moraleggiare, si può anche ammettere che uno abbia un gesto di stizza o che voli qualche parolaccia per un gol subito, un’espulsione ingiusta, un semplice episodio sfortunato: del resto siamo… umani. E nel calcio da che mondo è mondo è sempre stato così. Ma ormai la moda è quella di andare oltre, infischiandosene di tutto e di tutti, anche perché ormai è permessa ogni cosa, senza rispetto delle regole e in nome della libertà. Le immagini ormai celebri della folle corsa di Mazzone, allenatore del Brescia ed ex del Perugia, sotto la curva dei tifosi atalantini dopo il pareggio in extremis della sua squadra e quelle di quattro mesi dopo (domenica scorsa) dello stesso tecnico scortato in panchina dalla Celere all’ingresso in campo a Bergamo parlano chiaro. Azione e reazione, si potrebbe dire; sconsiderata e fomentante la prima, conseguente e pericolosa la seconda. A condire comunque un calcio che sport non sembra più e con il senso di responsabilità Del resto, telecamere a parte, a volte troppo insistenti e tali da violare la privacy o mettere in piazza sensazioni, emozioni e reazioni come giustamente denunciato pochi mesi fa dall’allenatore dei grifoni Cosmi, alzi la mano quel tecnico o quel giocatore, perfino quel dirigente che non ha mai imprecato; più o meno velatamente, più o meno veementemente. Lodevole la volontà degli organismi calcistici di dare un giro di vite a questo fenomeno, bestemmie in testa. Questione di rispetto, questione di comportamento civile, di educazione. Ecco allora mister Novellino, ora a Piacenza ma perugino di adozione, finire tempo fa squalificato per essere stato pizzicato (e messo a referto) dall’arbitro in aperta violazione del… Terzo Comandamento. Non l’unico caso tra gli allenatori eccellenti, anche se l’abitudine è maggiore (giocatori o tecnici non fa differenza) nei campionati dilettantistici. Tanto per restare in Umbria, il giudice sportivo della Comitato Regionale della Figc non fa passare mercoledì (giorno di sentenze) senza giornate di squalifica a piene mani per tesserati di qualsiasi tipo “per aver proferito – si legge nella motivazione del provvedimento – frasi blasfeme”. Si parla tanto di violenza negli stadi, ma non è anche questa una forma di violenza contro chi crede in Dio, praticante o meno che sia? Spaventoso il fatto poi che tutto ciò arrivi da chi dovrebbe dare l’esempio, da chi viene preso a modello (purtroppo sempre più da idolo) da migliaia di giovani, da chi durante la settimana va nelle scuole a tenere conferenze sullo sport e sulla correttezza in campo e fuori. Paradossale (ma anche incoraggiante), di contro, il fatto che negli ultimi anni dalle curve italiane sono spariti i cori degli ultrà che comprendevano nei testi bestemmie a go-go. Intendiamoci, sugli spalti si impreca tanto quanto e probabilmente più che in campo, ma almeno ognuno lo fa a voce… singola, senza più deridere in massa e a squarciagola le Religione. Un passo indietro? Forse. Ma la strada da percorrere è ancora lunghissima. Se è vero poi che la società in generale ha intrapreso quella del non-ritorno, lasciate ogni speranza. Eppure, trattandosi di educazione, basterebbe che famiglia e scuola… Ah, dimenticavamo però che anche quelle sono in crisi!

AUTORE: Francesco Bircolotti