Festa della mamma (14 maggio). Una tradizione sempre più difficile da vivere… e da capire!… di questi tempi

Ha ancora senso la Festa della mamma? Viene da chiederselo in questo nuovo mondo liquido, in cui ogni ruolo e figura vengono messi in discussione, anche i più indiscutibili come quelli della mamma.

Un nuovo mondo in cui con le tecniche di fecondazione assistita è tecnicamente possibile avere fino a tre madri “biologiche”, due genetiche e una gestazionale, e teoricamente una quarta sociale diversa dalle prime tre: quale mamma festeggiare, nel caso?

Qualcosa è cambiato nel nostro tempo, segnato dalla rivoluzione antropologica che le biotecnologie hanno reso possibile, qualcosa di radicale: di mamma non ce n’è più una sola ma diverse, che possono contribuire diversamente a una nuova vita. E di solito a decidere chi è la persona che il bambino chiamerà mamma è un contratto, in cui la donna che vuole prendersi carico del futuro nato dalla fecondazione assistita mette per iscritto la propria volontà di prendersene cura, e per questa sua volontà sarà chiamata mamma, e tale risulterà legalmente.

Le altre donne vi rinunceranno, scrivendolo nel contratto prima del concepimento: nella fecondazione eterologa è la cosiddetta “donatrice di gameti” a rinunciare al nato, mentre per l’utero in affitto sarà la donna che lo porterà in grembo.

Madre genetica, gestazionale, legale: serve un aggettivo per distinguerle. Sono conseguenze a cui non si pensa quando si giudicano o si affrontano certi percorsi di fecondazione assistita, visti di solito come una questione di “nuovi diritti”: che di mamma ce ne possa essere più di una non lo ricorda nessuno.

Potremmo dire che è mamma chi ama e si prende cura, e che il contratto che si firma serve proprio a questo: a indicare chi ha manifestato la volontà di amare e di prendersi cura.

In piccola parte è vero: noi chiamiamo “madre” le suore (e “padre” i religiosi) perché generano nello spirito, anche se non nel corpo. Ma la festa della mamma è quella in cui i bambini festeggiano la loro mamma, ognuno la sua: la donna che lo ha generato fisicamente, lo ha portato in pancia, lo ha fatto nascere, lo ha accudito, educato, e sta continuando a farlo. Una persona unica che, una volta diventata mamma, lo resta per sempre, “finchè morte non ci separi”. A questo pensiamo quando si parla della mamma, e vale per chiunque, in tutto il mondo, e se la mamma è adottiva non è per negare o cancellare chi ha generato e messo al mondo, ma perché quella naturale non ha più potuto prendersi cura di suo figlio. Un figlio che cercherà sempre chi gli ha dato la vita: conoscere da dove veniamo è necessario per sapere chi siamo. E non riuscire a saperlo non è un’opportunità, ma un problema.

Può accadere anche che ci siano bambini con “due mamme”, legalmente, cioè bambini che vivono con due donne che chiamano mamma, con ciascuna delle quali ci può essere un diverso tipo di legame biologico e legale.

In tutti questi casi non è in discussione l’amore che, in ognuna delle situazioni che abbiamo descritto, una persona adulta, legata o no biologicamente a un bambino, può dare. Il vero punto della questione è il diritto del bambino a crescere non con due generici “genitori”, intesi come due adulti che desiderano un bambino, ma con un padre e una madre, o meglio, con il proprio padre e la propria madre, cioè con chi lo ha generato.

Se bastasse l’amore, allora i figli adottati non dovrebbero mai avere problemi sulle proprie origini, perché non c’è scelta più generosa, consapevole e colma di amore gratuito di quella di adottare un bambino. Se bastasse l’amore per diventare genitori, allora paradossalmente tanti operatori del sociale, specie nelle case-famiglia, totalmente dediti ai ragazzi di cui si occupano, dovrebbero essere chiamati genitori. Una mia amica è stata cresciuta da una vecchia zia, sicuramente molto più saggia di suo padre e sua madre, regolarmente sposati. Ma non per questo sua zia per legge è diventata sua madre. E l’amore di sua zia non ha potuto certo sostituire la presenza e il ruolo di suo padre e sua madre.

Tutto questo per dire che sì, ha ancora senso festeggiare la mamma, proprio perché rischiamo di smarrire il significato di questa parola e anche dell’altra necessariamente collegata, cioè del papà. Una festa per ricordarci che laddove c’è una mamma c’è necessariamente anche un papà, perché i bambini nonostante tutto nascono ancora da un seme maschile e una cellula femminile, e hanno ancora bisogno di un corpo di donna per venire al mondo. Una Festa della mamma, al singolare, per riflettere sulle conseguenze di quello che stiamo facendo, e per fermarci prima che sia troppo tardi: prima che, nel continuo frammentare la figura materna, se ne facciano tanti pezzetti fino a farla scomparire.