E’ il primo messaggio che Papa Francesco invia per la Giornata mondiale della pace. Sul tema è stato detto molto, se non tutto, nel Concilio e nei messaggi inviati da Paolo VI che ha voluto questa Giornata (la prima volta il 1° gennaio 1968), e dagli altri Papi che si sono succeduti in questi 46 anni dall’inizio, senza contare la Pacem in terris (1963) di Giovanni XXIII. La curiosità di molti è sapere se e in che cosa si possa trovare un aspetto specifico della mentalità e dello stile del nuovo Pontefice. È risaputo che il nome di Francesco suona pace per vari motivi che è inutile ripetere tanto sono noti, ed egli, fin dalle prime righe del testo annuncia, “a tutti, singoli e popoli”, che la fraternità universale è il nuovo nome della pace. Chi legge ha da subito l’impressione di trovarsi di fronte a un documento importante, solido, pensato e studiato, quasi un piccolo trattato della relazione tra la pace e la fraternità. Questa è prima di tutto considerata una dimensione fondamentale e radicale di ogni essere umano, un anelito, un’aspirazione. L’uomo cerca i suoi fratelli e le sue sorelle, non può vivere da solo, la sua famiglia è l’intera umanità dentro la quale dovrebbe e vorrebbe sentirsi a casa sua, sicuro di non aver motivo di temere alcun male. È anche una vocazione: “Tale vocazione è però ancor oggi contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella ‘globalizzazione dell’indifferenza’ che ci fa lentamente ‘abituare’ alle sofferenze dell’altro, chiudendoci in noi stessi”.
Semplice e diretto, il discorso di Francesco coglie il centro del problema ed evoca l’antica storia primordiale del fratricidio e dei motivi che l’hanno causato. Chiamati dall’unico Padre di tutti a vivere in pace tra loro, gli uomini si sono macchiati del sangue dei fratelli, sparso lungo tutta la loro storia. Il progresso e le trasformazioni sociali non migliorano il cuore umano. Anche la globalizzazione, ad esempio, “ci rende vicini ma non fratelli”. In essa convivono ingiustizie, sperequazioni, sfruttamento, individualismo, egocentrismo e consumismo, conflittualità tanto da dover sentire ancora oggi attuale la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9). Tale domanda non trova risposta se non nel cuore di chi crede e, considerato Dio come Padre di tutti, si fa discepolo di Cristo che ha abbattuto ogni muro di separazione tra gli uomini attraverso la sua croce, definita “il luogo definitivo di fondazione della fraternità che gli uomini non sono in grado di generare da soli”.
Papa Francesco ripropone l’insegnamento sulla pace e le condizioni che la rendono possibile come sono state indicate dai suoi predecessori: la pace come sviluppo, come solidarietà, come frutto della giustizia, come dovere di carità. Propone, tuttavia, con forza la condizione della fraternità come “fondativa” della pace: “Tutti sono amati da Dio, tutti sono riscattati da Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. E questa è la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli”.
La dottrina sociale della Chiesa non è per Bergoglio un trattato di sociologia, di economia o di politica, ma sta dentro un concezione teologica e mistica e fa parte della evangelizzazione: “Non si tratta di una fraternità, indistinta e storicamente inefficace” – come quella proclamata nella triade illuministica della Rivoluzione francese, aggiungiamo noi – “bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascuno di noi”. Se vi fossero dubbi, Francesco ribadisce: “La solidarietà cristiana presuppone che il prossimo sia amato non solo come un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale uguaglianza davanti a tutti, ma come viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Gesù Cristo e posta sotto l’azione permanente dello Spirito santo”. Se è vero, dice Francesco, che la fraternità così intesa è “fondamento e via per la pace”, allora ne scaturiscono conseguenze pratiche coerenti nei vari ambiti della vita sociale. “La fraternità spegne la guerra”, aiuta a “custodire e a coltivare la natura”, si oppone alla “corruzione e al crimine organizzato” e si pone a servizio dell’utilità comune: “Il servizio è l’anima di quella fraternità che edifica la pace”.